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In questi ultimi giorni il potere dei professionisti sta massacrando il calcio dilettantistico: le 4 retrocessioni imposte dalla Serie D e il menefreghismo adottato nei confronti del Calcio a 5 hanno messo a dura prova la credibilità dei Comitati Regionali, che stanno provando strenuamente a resistere a certe pressioni che arrivano dall’alto e che vengono rimandate al mittente.

Il rischio è quello di vedere adottati criteri diversi dalla tutela dei club dilettantistici con un cinismo allarmante. Il protocollo anti-Covid è una dimostrazione che segue le 4 retrocessioni dalla Serie D con 30 punti ancora da contendersi, così come le retrocessioni che coinvolgono le squadre di Serie A di Calcio a 5 – con squadre come la CDM che aveva i mezzi per salvarsi, a fronte di pesanti investimenti nel mercato invernale.

Ora, anche la tanto sbandierata autonomia regionale verrà messa a dura prova dal potere centrale.
È evidente che in molte regioni del centro Nord ci sia una unità di pensiero che porta i presidenti delle delegazioni regionali a bloccare le retrocessioni dei loro campionati per salvare un minimo la stagione di chi avrebbe avuto la possibilità di non retrocedere.

Erano poche le squadre con un destino segnato a disputare un campionato inferiore forse una su 25 con ancora un terzo di campionato ancora da giocare. Da tempo si vocifera che in Liguria ci sarebbe il pensiero di azzerare le retrocessioni e promuovere le prime che attualmente capeggiano le classifiche dei vari gironi. L’autonomia concessa agli organi regionali tecnicamente lo permetterebbe. “Tecnicamente”, e mi soffermo su questa parola perché in realtà sembra una possibilità virtuale che vorrebbe essere guidata dall’alto.

I presidenti delle varie delegazioni regionali stanno resistendo strenuamente

per poter mantenere le loro autonomie di format locali, e le loro posizioni di pensiero. Dall’alto, pare continuino ad arrivare segnali poco incoraggianti: il Consiglio Federale di ieri ne è la dimostrazione tangibile. Sembra che gli interessi di pochi abbiano priorità sugli interessi collettivi.

In passato si è permesso alle squadre primavere delle società professionistiche di infarcirle di stranieri che limitano la possibilità ai ragazzi nostrani (spesso anche più bravi) di disputare quei campionati. Diversi di questi ragazzi abbandonano il loro sogno nonostante abbiamo le capacità tecniche e tattiche, per dedicarsi ad altro e allontanandosi dallo sport più seguito nel pianeta.

Il campionato di Serie C, da sempre fonte di giovani talenti nostrani, sta diventando un campionato con pochi giocatori qualitativamente bravi; mentre ci sono molti ragazzi sponsorizzati, a vario titolo, che permettono a molte società di questa lega di rimanere in vita grazie alla loro dote. 

Dal mondo del calcio dilettante arriva l’80% dei calciatori professionistiQuesto risulta essere un grosso problema per alcuni personaggi che gravitano intorno al calcio professionistico. L’esclusione della nostra nazionale italiana ai mondiali di Russia 2018 non è servita a far capire che stiamo andando dalla parte sbagliata. Il continuo declassamento, da parte dei media mondiali, del nostro massimo campionato, dovuta alla pochezza tecnica degli interpreti che scendono in campo, non ha ancora fatto accendere la spia rossa nella stanza dei bottoni, che prosegue imperterrita a prendere posizioni che non si possono definire adeguate al bene del nostro amato calcio.

Gli ultimi baluardi, di questo folle sistema, rimangono le delegazioni regionali

che stanno resistendo strenuamente a queste forti pressioni, grazie alla passione che muove ognuno dei componenti nei confronti del calcio dilettantistico: a loro diciamo Grazie, e chiediamo di non mollare.

 

Claudio Bianchi

 

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