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Calcio d’estate? Impossibile ripartire. La pubblicazione del Protocollo per la ripresa del Calcio Giovanile (qui), ha destato malumori e malcontenti: ripartire nel rispetto di queste linee guida non è certamente facile per le società dilettantistiche. La prima genovese ad esprimere pubblicamente il proprio malcontento è l’Athletic Club.
Ecco le parole del presidente Sergio Imperato, pubblicate attraverso i social gialloneroverdi:
 
«Avremmo voluto organizzare stage estivi e ritiri precampionato. Abbiamo atteso con fiducia che FIGC e Settore Giovanile e Scolastico ci fornissero le indicazioni per far riprendere ai nostri ragazzi lo sport che più amiamo. Ci hanno tradito elaborando un documento che ci rende di fatto impossibile organizzare una qualsiasi attività che abbia attinenza col gioco del calcio. Ancora una volta ha prevalso una logica pilatesca volta a scaricare sulle nostre spalle oneri e responsabilità per praticare, oltretutto, un surrogato del gioco del calcio, che non può che infastidire e annoiare i ragazzi e impegnare oltre ogni limite le persone preposte alla attività. Chiediamo scusa per non essere in grado di offrire ai nostri ragazzi una proposta decente e ci vergogniamo di chiedervi di portare i vostri figli a giocare ai giardini».
 
 
 
Si unisce alla protesta, nella giornata di oggi, il presidente del Vallescrivia Mirco Cirri: 
 
«Le società di calcio dilettantistico non hanno bisogno di protocolli inapplicabili per ripartire , ma di trasparenza e aiuti concreti, per trasformarli in aiuti alle famiglie. Cosa abbiamo avuto invece: un protocollo che scarica ogni responsabilità alle società e le abbandona a se stesse, questo è il risultato di una politica italiana che da le poltrone ma poi quando serve quelli che le hanno ottenute non si fanno carico delle loro responsabilità ma le scaricano.
 
Le società si aspettavano un protocollo realistico e non politico, era meglio dire non ci sono le condizioni per tornare alla normalità piuttosto di scaricare tutto sulle società, ci aspettavamo: sospensione dei costi di iscrizione ai campionati (che non si sa neanche se ci saranno); aiuti economici specifici per rendere gli spogliatoi delle società compatibili con l’igiene di base e con la presenza del COVID; contributo sui costi energetici; possibilità di accorpare settori giovanili senza obblighi fatti per far fare cassa; sospensione dei premi di preparazione; sospensione dei vincoli sulle rose.
 
Tutto questo monitorato dalla federazione perché si potesse trasformare in una stagione a zero costi per tutti i ragazzi e le rispettive famiglie; anche perché ci saranno posti di lavoro a rischio, famiglie in difficoltà, ragazzini che necessitano di un ritorno alla normalità anche perché psicologicamente questa emergenza ha segnato anche loro.
 
E invece cosa abbiamo avuto? Un protocollo che è lo specchio della nostra politica italiana: senza risolvere i problemi si possono scrivere tutti i protocolli possibili ma non si riparte dopo un’emergenza senza precedenti. Non so quante società avranno voglia di ripartire. Sicuramente in questo modo vale sempre la vecchia regola tutta italiana: “vanno avanti solo i furbetti del quartiere”. Chiedo a tutti i presidenti delle società dilettantistiche di fare squadra così non si può ripartire».
 
 
 
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