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Per Stefano Bernini, abbiamo dovuto fare un mash-up: il portiere classe 1983 infatti, oltre a difendere i pali dell’Anpi Casassa è anche, da quest’anno, il capitano della squadra di mister Caorsi. Nella sua carriera ha girato davvero tantissime squadre: la sua storia parte dalle giovanili del Bogliasco, per poi approdare a quelle della Sampdoria, in un anno particolare dove la leva 1983 era stata abolita (e quindi aggregato agli ’82). Approda poi in casa Sestrese (allievi regionali, con cui vince il campionato) e successivamente al Pontedecimo, dove da giovanissimo (16 anni e poco più) esordisce in Eccellenza, giocando più di qualche partita da titolare nel finale di stagione. Il resto ce lo facciamo raccontare direttamente da lui…

… anche perché poi ti sei preso uno stop: un “anno sabbatico”, così lo hai chiamato, dove hai preferito prendersi una pausa dal calcio per dedicarti di più alla scuola.

“Avevo 17 anni e un solo obiettivo: salvarmi dalle insufficienze per rotto di cuffia. E ci son sempre riuscito 😂”.

A farti rientrare nel mondo del calcio è stata una Coppa del Sindaco a cui hai partecipato con Vacca, dove la CULMV ti propose di fare il secondo a un certo Alessandro Giovinazzo.

“Eh si, è stato un anno che mi è servito davvero tanto, anche se ho giocato poco. Siamo saliti e abbiamo vinto il campionato con una squadra fortissima. Quell’anno mi sono rimesso in pista e successivamente sono andato al Ligorna in Eccellenza, dove però non sono riuscito a trovare abbastanza spazio: e così giovane, sentivo davvero il bisogno di giocare. Da lì poi sono passato allora in Promozione con la Sampierdarenese, squadra con cui siamo riusciti ad arrivare terzi: lì ho conosciuto persone speciali e stretto dei legami che durano ancora oggi. Poi un’esperienza ‘fuori porta’ in Piemonte, con l’Aquanera, dove però non ero solo: c’erano anche Rossi, Noris, Mereu e Lazzaretti, ed eravamo la così detta ‘macchinata Genova’. Siamo durati sino a dicembre: lì abbiamo infatti trovato una situazione strana, non c’era un bellissimo clima… in più ho iniziato a lavorare, e così sono tornato a Sampierdarena. Forse quell’annata è quella che ricordo con meno piacere, un periodo brutto (calcisticamente parlando)”.

E così sei ripartito dalla Seconda Categoria.

“Sì, sono andato alla Pegliese: avendo iniziato a lavorare, preferivo infatti avere un impegno minore tra allenamenti e partite. Quando sono arrivato ricordo che non erano messi benissimo: poi, siamo riusciti a mantenere l’imbattibilità per circa quindici o sedici partite; ci siamo divertiti! L’anno dopo siamo riusciti a vincere il campionato e salire in Prima: la stagione successiva, abbiamo raggiunto anche la Promozione che però, la Pegliese non disputò mai (fusione, ndr). Sono stati anni bellissimi, ma decisi di andare con Walter Battiston all’Ardita Juventus: quello non fu un anno eccezionale, arrivammo settimi, decisamente al di sotto delle aspettative iniziali. Infine andai a Rossiglione, dove sono rimasto tre anni: e ne sono felice, perché lì ho conosciuto persone straordinarie che sono ancora grandi amici oggi”.

E poi negli anni successivi sei diventato praticamente uno specialista di promozioni in Prima Categoria!

“Sì perché poi feci tre anni al Pontecarrega, dove al terzo anno siamo saliti in Prima. Andai via, al Torriglia (ancora in Seconda), dove vincemmo il campionato. Ma non rimasi neppure in questo caso trasferendomi al Burlando, nuovamente in Seconda Categoria, e sì… abbiamo vinto il campionato, e sono andato via, ancora  😂 Alla fine sono arrivato qui all’Anpi, in Seconda… e siamo saliti… ma questa volta sono rimasto!”.

 

 

Quindi, appurato che hai girato tantissime squadre 😂, ora ti sei fermato. Come ti trovi?

“Bene dai… dopo la stagione con il Burlando, ho avuto un colloquio con Carlo Mangiapane, il mio attuale direttore generale, e sono arrivato qui. Questa società dispone di un campo e di un settore giovanile, cose che moltissime altre società a Genova invece non hanno: è giusto che un ambiente del genere sia almeno in Prima Categoria o Promozione. Poi ho trovato persone davvero per bene, dal personale del bar sino al super magazziniere Maurizio, tutti i dirigenti, ecc. È una società che deve continuare a migliorarsi a livello organizzativo, perché merita palcoscenici anche più importanti”.

Da circa un anno sei diventato capitano dell’Anpi. In tanti dicono che i portieri non dovrebbero fare i capitani perché non possono trovarsi al centro del gioco e delle dinamiche… sei d’accordo? Che caratteristiche deve avere secondo te un buon capitano?

“In realtà sono d’accordo. Quest’anno infatti prima delle partite andavo spesso dall’arbitro a chiedergli di concedere ai miei qualche protesta in più… soprattutto a Nicolò Trocino, che è il vice. Mi è capitato a volte di partire dalla porta e farmi cinquanta metri di corsa per andare a protestare, ma solo per episodi molto rilevanti; se posso, cerco di evitare.

Un capitano secondo me dev’essere un esempio di serietà, dev’essere sempre disposto a dare una mano e arrivare presto al campo. Deve avere un buon modo con i giovani, aiutarli e se necessario, dargli una svegliata. Un capitano dev’essere sempre disponibile e deve avere anche un’adeguata personalità per essere ascoltato dallo spogliatoio”.

 

Una domanda che solitamente pongo a tutti i portieri che intervisto: la tua carriera è iniziata come portiere? Era il ruolo che sognavi sin da bambino?

“Ho sempre giocato in questo ruolo, ma se devo essere sincero sono diventato portiere perché lo volevo fortemente per una sorta di ‘obbligo morale’. Mi spiego meglio: nessuno naturalmente mi ha obbligato, però mio papà era un grande portiere e così ho deciso di provare anche io. Sono partito da Bogliasco perché ho seguito proprio lui, che allenava lì. Per qualche anno non avevo una grande passione per questo ruolo, però poi mi è venuta… ed eccomi qui!”.

Hai un idolo tra i professionisti?

“Bisogna andare per epoche, perché sono tantissimi i portieri che ho amato: quando ero ragazzino, il mio portiere preferito era Angelo Peruzzi. Poi il grande Oliver Kahn. Il nome di Gianluigi Buffon non te lo faccio nemmeno, perché sarebbe scontato, è una vera e propria icona nel mondo del calcio, italiano e mondiale. In tempi più recenti invece, il migliore secondo me è Manuel Neuer: è il più un portiere in chiave moderna, per caratteristiche e per capacità”.

E tu che portiere sei? Vecchio stile o più alla Neuer?

“Non ho dei grandi piedi 😂 diciamo che, facendo gli opportuni scongiuri, papere con i piedi ne ho fatte davvero poche (se ne ho fatte), ma perché preferisco non rischiare tanto… faccio il mio, quello che mi riesce meglio. Secondo me nel nostro ruolo ad esempio le uscite sono fondamentali: acquisisci sicurezza, e ne trasmetti ai tuoi compagni. È la situazione più difficile: in una frazione di secondo devi saper decidere, ed essere veloce nell’eseguire… una minima esitazione può diventare fatale”.

Un allenatore invece a cui sei rimasto particolarmente legato?

“Più di uno, sono sempre andato più o meno d’accordo con tutti… faccio molta fatica a farti solo un nome. Sicuramente tra i preparatori ti posso dire Alberto Speranza, che è all’Anpi da quest’ estate (dopo averlo cercato e voluto fortemente!) ma che conosco dai tempi di Pegliese e Pontecarrega. Sono contento di averlo ritrovato qui all’Anpi. Tra gli allenatori sono ancora più in difficoltà: ti potrei dire Luca Margari a Torriglia, lo stesso Francesco Caorsi all’Anpi, Iosca Bonaldi al Burlando… ma davvero, mi sono trovato bene praticamente con tutti i miei allenatori”.

Un compagno che ti porteresti sempre dietro? E invece, quello più forte con cui tu abbia mai giocato?

“Porterei sempre con me, e in un certo senso, ci siamo spesso seguiti nelle varie squadre in cui siamo stati, Luca Fossa: ha un’ottima intelligenza calcistica per questi livelli, e ha sempre ricoperto un’infinità di ruoli. Il più forte con cui abbia giocato invece credo sia Sisinni, anche se ho giocato con altri giocatori fortissimi”.

 

stefano bernini

 

Qual’è invece la stagione che ti porti nel cuore?

“Ti potrei dire la stagione con il Torriglia: in tutto il girone di andata avevamo subito 4 gol, di cui 2 in 13 partite. Un motivo d’orgoglio e di soddisfazione, che naturalmente condivido con tutta quella squadra e in particolar modo con la difesa. Poi, ho avuto tante soddisfazioni negli anni… per qualità dei compagni e intensità forse la stagione che porto più nel cuore è quel campionato vinto con la Pegliese in Prima Categoria. Ricordo che, tra infortuni e scelte dovute alla regola del giovane, quando ero in panchina soffrivo tantissimo… e non vedevo l’ora di scendere in campo e dimostrare che dovevo giocare io! Una volta ho incontrato il mister di quella squadra, Ennio Zannotti, che mi disse – Il mio più grande rammarico in quella stagione è stato non farti giocare tutte e trenta le partite, perché forse avremmo vinto prima il campionato -. A parte tutto, forse è stata quella la stagione più bella”.

E una parata che, da portiere, ricordi con maggior soddisfazione?

“Te ne dico una di quest’anno: giocavamo col Torriglia in casa, proprio poco prima che si fermasse tutto. Mancava un minuto o poco più al termine della partita, vincevamo 2-1 ed eravamo momentaneamente primi in classifica. Punizione per loro nella nostra metà campo, ed essendo probabilmente una delle ultime azioni batte il portiere, che tira e… non ti so dire se per il vento o per che altro motivo; non ti so dire neppure se fosse una conclusione o un cross; so solo che a un certo punto il pallone mi aveva già superato. Non mi chiedere come, sono volato indietro e l’ho presa: credo sia stata la forza della disperazione di non volersi far segnare su punizione da un altro portiere 😂”.

Con l’ANPI stavate disputando una stagione al vertice, anche se spesso vi è mancato qualcosa per mantenere la vetta della classifica. Poi questo stop forzato…

“Sì, sicuramente abbiamo avuto un limite. Di base, credo che se non siamo riusciti a rimanere lassù è stato un nostro demerito. Abbiamo avuto qualche perdita importante come quella di Torromino, ma forse nel complesso quello che è mancato a noi è la classica punta da almeno 15 gol. Vio è giovane e talentuoso, deve crescere e impegnarsi ancora e non adagiarsi sull’essere bravo tecnicamente. Anselmi è un mostro e alla sua età può fare ancora quello che vuole, ma anche lui non è quel tipo di punta a cui mi riferisco. Rasero è andato via… insomma, forse un’altra cosa che ci è mancata è proprio questa.

Non so come si risolverà tutta questa situazione surreale: la speranza è che torni tutto alla normalità. Nel nostro campionato mancavano nove partite, in altri otto. Cerco e credo di essere obiettivo, sono tante partite. Secondo me le soluzioni fattibili sono due: o annullare tutto quanto (forse la cosa più giusta, anche se penso al Borzoli…) oppure, che salgano e retrocedano la prima e l’ultima. Però, anche in questo caso, il mio pensiero va a quei campionati ancora apertissimi come quelli di Eccellenza e Promozione. La cosa certa è solo una: qualcuno rimarrà scontento. Onestamente, non ti so dire cosa sia la cosa migliore da fare. La mia speranza è che non si continui e si riparta (speriamo) da settembre con la nuova stagione”.

Cosa ci dici del tuo futuro? Dove vedi tra qualche anno Stefano Bernini?

Credo che da una certa età in poi s’inizi a ragionare anno per anno: per ora mi diverto e continuo. Mi piacerebbe comunque rimanere nel mondo del calcio anche quando smetterò: non so in che ruolo, se come preparatore, allenatore… o magari anche DS, chissà!

Ci tenevo a ringraziare la redazione di Dilettantissimo per il lavoro che fate per noi: tra riprese, interviste… ci fate sentire importanti!”

 

 

Questo era… Stefano Bernini in “Uno… in più” e “Capitano, mio Capitano”, le due rubriche di Dilettantissimo che intervistano portieri e capitani del nostro amato calcio dilettantistico.

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