Dopo Luca Calcagno, un altro giovane allenatore è oggi protagonista della nostra rubrica “L’Uomo del giorno”: si tratta di Andrea Gatti, allenatore del Forza&Coraggio. Un tecnico giovane e ambizioso, che fa del gruppo la chiave vincente per ottenere risultati positivi: e sinora, il campo gli ha dato ragione. Gli spezzini infatti, prima dell’interruzione di tutti i campionati, viaggiavano in alta classifica in piena lotta promozione: miglior attacco del campionato e nessuna sconfitta casalinga. Numeri importanti, che fanno del Forza & Coraggio una delle squadre da battere del girone B di Promozione…
Andrea Gatti ha smesso da pochi anni di giocare: la maggior parte della sua carriera si svolge nei Campionati Interregionali toscani. E alla fine, arriva in Liguria: Bolanese, Foce Vara, Lerici Castle e infine al Forza e Coraggio, dove arriva ancora da giocatore. Proprio quest’anno, l’opportunità di cambiar ruolo dopo le dimissioni di Raimondo Bottigliero…
Il Forza&Coraggio è la tua prima esperienza da mister. Come ti trovi, in che ambiente lavori ogni giorno?
“Questa società è un po’ come una famiglia, composta da persone per bene e serissime: un posto in cui la stretta di mano ha ancora talmente valore che quasi non serve metter nero su bianco gli
accordi. È un ambiente importante, una società polisportiva, e soprattutto ci troviamo in un luogo bello e caratteristico: abbiamo anche instaurato un buon feeling con gli abitanti, che hanno accolto benissimo tutti, dai giocatori allo staff. Purtroppo abbiamo una sola problematica: il nostro campo sportivo non è omologato, quindi di fatto giochiamo le nostre partite in casa a circa 10 km da qui: ma nonostante questo, abbiamo tifosi che cercano di seguirci dappertutto, a volte sembrano una tifoseria da stadio: a questi livelli, è bellissimo”.
Da giocatore, hai conosciuto sia i campionati liguri che quelli toscani. Quanta differenza c’è?
“C’è una differenza abissale, si vive il calcio in maniera diversa: forse in Toscana è più, per così dire, passionale. Secondo me però quello della Liguria è un calcio più tecnico: c’è meno contatto fisico e meno contrasti pesanti, probabilmente anche a causa della differenza dei terreni di gioco. In Toscana sono tutti (o quasi) campi in erba vera, che sono molto pesanti, e che rendono il calcio praticamente uno sport diverso rispetto ad altre regioni. Diciamo che in Liguria, se hai un’idea di gioco e la vuoi esprimere, è molto più semplice e più bello“.
A proposito di bel calcio, il Forza E Coraggio stava disputando un ottimo campionato, e che pur non giocando le partite casalinghe nel proprio stadio non aveva mai subito sconfitte interne.
“Esatto, abbiamo pareggiato soltanto due partite (con le due genovesi Goliardica e Golfo PRCA, ndr), poi nove vittorie. Diciamo che, probabilmente, il ‘fattore casa’ consiste più che altro in una situazione psicologica degli avversari quando vengono a giocare contro di noi. Comunque, stiamo cercando di avere sempre una mentalità vincente: ci piace un tipo di gioco aggressivo e propositivo, naturalmente a volte riusciamo nel nostro intento, altre volte invece non riusciamo ad esprimerlo”.
Alla fine chi l’avrebbe spuntata secondo te, se si fosse continuato il campionato?
“Ti dico noi, il Forza E Coraggio. Mancano 8 giornate, e nel girone di ritorno abbiamo già incontrato tutte le dirette avversarie (fatta esclusione del Golfo PRCA, che secondo me è la più forte insieme al Cadimare). Però, chi può dirlo…”.
Come sei diventato allenatore di questa squadra?
“Cinque anni fa arrivai al Forza E Coraggio da giocatore, in Prima Categoria. Poi, Marco Consoli mi ha chiesto se gli davo una mano, così ho accettato e pian piano ho smesso di giocare. Quest’anno è arrivata la proposta e naturalmente ho accettato di buon grado.
È un’esperienza che mi sta piacendo davvero tantissimo, poi conosco perfettamente i ragazzi visto che sino a poco tempo fa giocavo con loro. Inoltre ho avuto la fortuna, nella mia carriera da giocatore, di conoscere persone importanti e competenti: così, quando mi hanno proposto questo ruolo, ho voluto subito contattare due o tre persone, con cui ho formato uno staff. A partire dal preparatore atletico Daniele Ravenna; Marcello Barocco, preparatore dei portieri che certamente non ho scoperto io (era nello staff di Roberto Bordin); Jacopo Erbetta e Fabiano Centofanti. Quest’ultimo mi ha anche allenato; mi è sempre rimasto nel cuore e sono felice abbia accettato di lavorare con me. Siamo uno staff tecnico, ma prima di tutto siamo un gruppo di amici, siamo brave persone e ci completiamo per tante cose”.
Che caratteristiche deve avere secondo te un buon allenatore?
“Per mia esperienza, quello che cerco di fare da allenatore è quello di essere una persona trasparente, limpida e chiara; bisogna essere un buon gestore del gruppo, perché il gruppo è alla base di tutto; è importante poi dare un’identità e un’idea di gioco ben precisa alla propria squadra; e infine come ultima cosa, non per importanza, si dovrebbe cercare di trasmettere alla squadra la voglia di vincere, la fame sportiva“.
C’è qualcuno a cui ti ispiri o che è stato per te d’ispirazione, tra i professionisti e tra i dilettanti?
“Ho avuto la fortuna di conoscere e stringere amicizia con Alberto Gilardino, che non ha bisogno di presentazioni. Abbiamo fatto due preparazioni insieme quando voleva rientrare in Italia dopo l’esperienza in Cina. È una persona incredibile, sotto ogni punto di vista: umano e calcistico. Beh… ha vinto tutto, non serve che faccia l’elenco delle sue qualità. Poi ha iniziato ad allenare e ti devo dire che mi piace molto, per come si propone e per come parla alle sue squadre.
Tra i dilettanti invece, ti dico Fabiano Centofanti: mi ha allenato in Toscana. È una persona vera, mi ha insegnato tantissimo sia a livello umano che dal punto di vista tecnico e tattico. È quel tipo di rapporto che nasce nel mondo del calcio, ma rimane e va al di là del campo. Sono felicissimo di lavorare ancora con lui”.
Tra gli avversari invece, c’è qualche allenatore che ti ha impressionato?
“Clodio Bastianelli, allenatore del Canaletto. Ha una buona squadra in mano, molto giovane. È un tecnico molto determinato, è stato bravo nel dare le giuste motivazioni alla sua squadra: mi sono piaciuti molto, sia come impostazione che come approccio alla partita. Si vede il grande lavoro di Bastianelli”.
Clicca QUI per l’intervista a Clodio Bastianelli, sempre all’interno della rubrica UOMO DEL GIORNO
Di che tipo di giocatore non potresti proprio fare a meno?
“Ti dovrei nominare tutta la squadra, davvero. Niccolò Mozzachiodi secondo me è il portiere più forte della categoria: giocava nello Spezia, ha esordito in Serie C e certamente non serve la mia
opinione per capire il suo valore. È il nostro capitano, ma lo sarebbe anche senza la fascia al braccio: è il leader del gruppo, sempre puntuale, preciso, gran lavoratore… sa dire sempre la parola giusta nel momento giusto.
Poi ti dovrei nominare l’intera squadra: Cuccolo, Pesare, Stella, Esposito, Amorfini, Alvisi, Cerri, Barbino, Giordano… sono solo alcuni nomi, ma sono tutti quanti importanti: me li porto dentro, nel cuore.
Mi farebbe piacere solo segnalare un nostro giovane centrocampista classe 2001, Ilario Natale: è un ragazzino del paese, non ha scuole calcio importanti alle spalle ma ha doti tecniche e fisiche davvero impressionanti. Inoltre, è un gran lavoratore: si allena molto bene e secondo me ne sentiremo parlare parecchio in futuro. È stato anche nel giro della Rappresentativa. Con noi quest’anno ha fatto cinque gol, tutti pesantissimi e determinanti. È uno di quei profili che amo particolarmente anche per l’aspetto umano: è bravo ed educato, a modo. Spero possa avere l’opportunità di dimostrare il suo grande valore in grandi palcoscenici“.
A proposito invece di stop forzato dei campionati: che idea ti sei fatto di tutto quello che sta accadendo?
“Non invidio assolutamente chi deve decidere, perché sarà difficile e complicato. Ma che finisca tutto in questo modo, che sensazione strana… secondo me si devono prendere decisioni: anche a tavolino, ma qualcosa va deciso. Io un’idea ce l’avrei: ho letto le dichiarazioni del presidente della LND in cui sosteneva che per finire tutti i campionati, giocando con un calendario fitto, occorrerebbero circa una quarantina di giorno.
Ammesso e concesso che si possa realmente riprendere nelle norme di sicurezze ecc., si potrebbe riprendere il campionato il 20 agosto, con la stagione che, in questi tempi, finirebbe intorno a fine settembre. Pausa di 15 giorni, e poi dal 20 ottobre si partirebbe con la nuova stagione. Nel frattempo, per quanto riguarda il mercato, per svincolati e varie operazioni, dovrebbe essere aperto dal 30 settembre al 20 dicembre.
Un’altra possibilità abbastanza valida invece sarebbe quella di giocare play off e play out: in circa 15 giorni finirebbe tutto. Quello che eviterei comunque, è annullare completamente un campionato: tante squadre sparirebbero e difficilmente potrebbero iscriversi l’anno seguente. Bisogna cercare di scontentare il meno possibile, ma ripeto: non è facile, non vorrei essere nei panni della Federazione.
Una cosa ancora vorrei dire: se aspettiamo che questo maledetto virus passi definitivamente prima di ritornare alla normalità, passerà davvero tanto tempo. Forse, dovremmo imparare a conviverci, naturalmente prendendo importanti precauzioni. La nostra vita è cambiata per sempre”.
Per chiudere… cosa vedi nel tuo futuro?
“Troppo difficile questa domanda! Ti posso dire dove vorrei arrivare… il più alto possibile. Sono molto ambizioso, mi piace informarmi e imparare cose nuove, sono propositivo. Poi dove riuscirò ad arrivare proprio non riesco a dirtelo. Mi piacerebbe avere l’opportunità di allenare anche in categorie superiori, magari. Ci riuscirò? Chissà! Solo il tempo potrà dirlo”.