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L’UOMO DEL GIORNO: BEPPE MAISANO, IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA

Beppe Maisano ha sempre fatto a modo suo. Coerente, testardo, a volte scomodo per la sua sacrosanta ostinazione a non voler scendere mai a compromessi.
La stessa ostinazione che, negli anni, ha fatto le sue fortune, dal Cffs alla Sestrese degli argentini, passando per Busalla, Genova Calcio, Cairese… una carriera passata a studiare, aggiornarsi, a registrare cassette e inviare mail con schemi e marcature ai propri giocatori, gli stessi giocatori che lo hanno ripagato con soddisfazioni sportive e rapporti umani tutt’ora inossidabili.


La nostra chiacchierata con Maisano non può che partire con un commento al difficile momento che sta passando il nostro paese e, con esso, il nostro sport.

“La situazione attuale è molto complessa e difficile da capire, negli ultimi periodi si è evoluta in una maniera tale che sia difficile, ora, dare dei giudizi. Lascerà degli strascichi molto complessi rispetto alla vita quotidiana di ognuno di noi, al vissuto, alla situazione economica, allo stare comune assieme. Ovviamente avremo ripercussioni anche nel calcio.”

Considerando anche che, prima di tornare alla normalità – penso ad esempio agli assembramenti negli stadi – ci vorrà tempo…

“Guarda, una cosa di cui parlano tutti poco è proprio la capacità dell’uomo di ritornare a fare una vita come quella di prima. Se tu chiudi chiunque per due mesi in casa senza relazioni con il mondo esterno, con paure, fobie… nascono mille cambiamenti.

Per cui ci saranno delle difficoltà anche nell’organizzazione delle manifestazioni sportive, anche se è necessario ragionare che i numeri del calcio dilettantistico non sono quelli dei professionisti, dove ci sono tra i cinquemila e centomila spettatori. Se loro giocano a porte chiuse fanno comunque più spettatori di noi dilettanti.”

Oggi sei uno degli allenatori più apprezzati. Che effetto ti fa sapere che, a furia di andare controcorrente in tutti questi anni, alla fine hai raccolto la stima di tanti colleghi?

“Eh, alla fine…! Gli attestati di stima da colleghi e addetti ai lavori arrivano perché dico cose che altri non hanno il coraggio di dire. Le dico ora che sono in tarda età, ma le dicevo anche a 30 anni. Questo è il mio modo di vivere. Oggi sono stimato a prescindere dai risultati, che comunque sono stati importanti. Sono molto contento di questo.”

Da chi impari tra gli allenatori di oggi? Sempre che Maisano abbia ancora cose da imparare…

“Uno che vuole insegnare deve aver sempre voglia di imparare, altrimenti non insegna né comunica niente a nessuno. La costruzione del sapere va innaffiata e mantenuta tutti i giorni, come una piantina. In Italia vedo situazioni innovative in Sarri e Gasperini, su alcune situazioni Giampaolo, a tutti piace Klopp, però non sono innovatori: le grandi rivoluzioni epocali sulla didattica dell’insegnamento vengono da vent’anni fa.

Quello che è cambiato moltissimo oggi, ed è una cosa che ha contraddistinto sempre il mio modo di operare, è il lavorare in gruppo. Cambia moltissimo, come metodologia, quante persone lavorano sul campo e come si lavora con i ragazzi. Oggi si dedica molto più tempo al calcio. Se molti anni fa ero deriso perché mandavo relazioni, mi guardato i miei VHS, oggi lo fanno tutti. E lo fanno anche i miei amici allenatori che mi prendevano in giro!”

È per questo che hai sempre dato molta importanza ai tuoi collaboratori?

“Se sono riuscito ad ottenere dei risultati e ad avere un buon riconoscimento è perché dall’inizio ho collaborato con persone che venivano da altri sport: amanti del calcio, ma che avevano esperienza in altri sport. Questo mi ha aperto la mente a molte situazioni nuove e avviare processi innovativi. Ho visto cose che nel nostro mondo altri non vedevano e mi deridevano, facevano battutine, o chi, subentrando a me, buttava via tutto il mio lavoro… è come buttare via anni di ricerca, per quale motivo poi…”

Tu sei molto legato al tuo vice Max Bruzzone.

“Io non ho mai considerato nessuno un vice. Ho avuto e ho tanti amici con cui facciamo cose assieme, per primo Marco Oneto, con cui ho collaborato intensamente. Fui chiamato alla Sestrese e cercavo una persona con cui collaborare.

Marco era stato esonerato dal Varazze in prima categoria: insieme abbiamo costruito un percorso che poi ha aiutato anche lui a diventare quello che è diventato, facendo una carriera strepitosa. Ma anche Testa, Bulfoni Alessandro, Foscolo, Rinzivillo.Dai tempi della Sestrese un osservatore che mi relaziona sugli avversari, Maurizio Taverni.

 Tornando a Bruzzone, quest’anno a Cairo si sono meravigliati che Max non spostava ostacoli o cinesini. Io non mi porterei mai una persona dietro per fare queste cose. Max è stato un mio calciatore, abbiamo avuto esperienze di vita comune, siamo diventati amici, conosciamo a vicenda pregi e difetti. E poi è importantissimo in uno spogliatoio presentarsi con idee comuni ma personalità diverse.

Ricordo che Marco Oneto riusciva a smussare certe situazioni, anche Max è molto ironico e simpatico. Comunque dai, con l’età mi sono calmato anche io tantissimo su certe cose, ma comunque credo di essere una persona estremamente socievole. Poi però in campo quando sono sul pezzo… diciamo che Max è molto utile!”

Quest’anno a Cairo hai avuto a che fare con tanti ragazzi giovani. Come ti interfacci con loro?

“Mah, sai, se tu vai a rivedere un po’ la mia storia, il primo anno di molte formazioni ci sono molti nomi che all’inizio erano sconosciuti. Ho lanciato tanti giocatori a Busalla che giocano ancora, alla Genova Calcio, il grande slam della Sestrese, con vittorie di Coppa Italia, campionato, andando a pochi punti dai play off per la C, c’erano 8 giocatori del settore giovanile della Sestrese che avevo allenato l’anno prima in juniores.

Otto ragazzi su diciotto cresciuti nel settore giovanile direi che è una buona percentuale… A me è sempre piaciuto lavorare con i giovani. Una cosa che contraddistingue abbastanza il mio essere è questa: quello che dico a tutti i giocatori più esperti è che per insegnare ai giovani devono fare, dimostrare, essere.

Non devono né urlare, penalizzare o fare mobbing. Questo spesso crea sconvolgimenti negli spogliatoi in cui arrivo. Ma i giovani si coinvolgono solo ed esclusivamente con esempi positivi, non con imposizioni. La dittatura dello spogliatoio non porta risultati. Questa Cairese è frutto anche di questo cambiamento.”

Hai parlato della Sestrese degli argentini. Tu con quella terra hai un rapporto particolare…

“L’Argentina per me è un luogo magico che mi ha sempre affascinato, ma tutta l’America Latina. E l’Africa. Bisognerebbe guardarla non come una terra degli altri ma come una terra anche nostra, sono terre che sono risorse culturali, nuovi modi di vivere. Molti fenomeni del calcio vengono dall’argentina. Ancora oggi mi sento sempre con i miei cinque “gauchos” della Sestrese, con cui c’è un legame fortissimo.”

Si può parlare di un ciclo che si apre a Cairo, dopo quello di Solari finito simbolicamente con la vostra vittoria proprio contro l’Albenga. Ci sarà adesso un “ciclo Beppe Maisano”?

“Non lo so, difficile dirlo perché questa situazione ha sconvolto tutto. Noi stavamo godendo di un periodo fortunato, piacevole, in cui eravamo quarti, potevamo ragionare, programmare il prossimo anno. È ora praticamente impossibile pensare al prossimo anno con la situazione attuale, ci saranno stravolgimenti importanti per tutte le società di calcio.

Per creare un ciclo ci vogliono anche delle risorse economiche: sicuramente questa Cairese ha un gruppo di ragazzi giovani che avevano lavorato magnificamente con il collega Solari, vincendo anche il campionato di Promozione. C’era preoccupazione questa estate quando sono andati via quattro senatori, ma siamo stati capaci tutti, con Max, società e dirigenti, di farli fiorire e diventare giocatori importanti. Perciò chiunque lavorerà con la Cairese potrà fare dei buoni campionati.

Non ti so dire però se si potranno fare “slam” o aprire cicli importanti perché ci sono dietro cose più grandi che onestamente non saprei vedere in questo momento, né alla Cairese né da nessun’altra parte, escludendo giusto le prime tre società in classifica che hanno un budget e una cultura societaria che non fanno parte del campionato di Eccellenza.”

Tu sei partito dal basso, dal piano terra e sei arrivato in Serie D. Hai rifiutato tante offerte fuori regione. Perché?

“Prima di tutto c’è la famiglia e il lavoro. In questi giorni, nonostante sia vicino alla pensione, sono in trincea con i colleghi della mia cooperativa sociale, che lavora con anziani e disabili. Ho scelto sempre di continuare a fare il mio lavoro, non mi piaceva girare il mondo senza nessuna tranquillità e nessuna sicurezza.

C’è stato solo un momento della mia vita, in cui pensai di partire. Mio figlio era molto piccolo, avevo un accordo con una squadra in Costa Rica, e mia moglie avrebbe insegnato in una scuola italiana. Poi mia mamma si ammalò e decisi di non partire.

Da quel momento ho pensato che fosse giusto continuare a fare quello che facevo. In particolare allenando la Serie D ho capito di trovarmi di fronte a un mondo troppo fatuo, virtuale. Un mondo che non avrei mai compreso e capito: avrei dovuto entrare in uno spogliatoio e pensare ai procuratori, ai “Moggi dei dilettanti”… non sarei riuscito a essere me stesso. E non mi prostituisco per diventare un allenatore di calcio. Sono contentissimo della scelta che ho fatto e la rifarei di nuovo.”

Insomma, Beppe Maisano, in questi anni, ha raccolto il frutto di una semina iniziata quarant’anni fa. Lavorando in silenzio, nascondendosi spesso dietro una maschera da duro che a volte gli è costata qualche critica ingenerosa, oggi del tutto spenta dai successi sportivi ma, soprattutto, da quelli umani.

“Conveniva a molti dipingermi come mi hanno dipinto per anni. Ma è un piacere sentire che molti ragazzi che ho allenato mi menzionino soprattutto per quanto riguarda l’aspetto umano. Questo me lo porterò dentro fino alla fine del mio percorso.”

angelo sorbello

 

L’UOMO DEL GIORNO: la nuova rubrica di Dilettantissimo! Un’intervista al giorno ai volti noti del calcio dilettantistico ligure. Oggi è il turno di… Beppe Maisano.

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