Manuel Marras con i dilettanti, in realtà, non ha mai avuto niente a che fare. Cresciuto nel Settore Giovanile del Genoa, la sua squadra del cuore, il genovese passa poi allo Spezia dove completa la trafila ed entra nel “calcio dei grandi”. E ci entra alla grande! A 16 anni gioca infatti in Serie C con gli aquilotti, nell’anno dello storico “triplete” spezzino in Lega Pro. E da lì, Manuel Marras non si è mai più fermato: una carriera in crescendo cronologicamente logico, passando per Rimini, Savona, Sudtirol… e Alessandria, tappa importante nella sua carriera culminata in quel gol a Marassi, proprio contro il suo amato Genoa, che tutti ricordiamo.
Dopo l’importantissima esperienza con il Trapani e l’esordio in cadetteria con il Pescara, oggi Marras è una pedina fondamentale nello scacchiere del Livorno, in Serie B. Livorno che, seppur non stesse navigando in buone acque, è diventato l’ambiente ideale per la nuova maturità raggiunta dal classe 1993. Spensieratezza e responsabilità gli ingredienti principali, a suo dire, della metamorfosi: da assist man a man of the match, anima e fulcro del gioco dei toscani.
Quanto ti manca il calcio, e come stai trascorrendo questo momento così difficile?
«Eh è dura. In questo periodo ci siamo tenuti in forma come potevamo, con allenamenti di squadra virtuali attraverso Zoom, oltre a quelli individuali. Il calcio manca, perché andare in campo è uno sfogo, e mentalmente ti senti pronto tutti i giorni: ora invece stiamo a casa, ad aspettare qualche notizia per capire cosa ne sarà di questa stagione. Alcune squadre in Serie B hanno già iniziato ad allenarsi, ma noi ancora no».
Non sei riuscito a tornare qui a Genova?
«No, sono rimasto qui a Livorno perché convivo con la mia ragazza, e se fossi tornato a Genova poi non sarei potuto più tornare da lei».
Noi genovesi siamo per natura molto attaccati alla nostra terra…
«Casa manca, è normale. Mi è sempre mancata… però, la voglia di arrivare all’obiettivo non mi ha mai fatto vacillare. Poi ho avuto la fortuna di ritrovarmi in posti dove ho trovato persone buone che mi hanno sempre fatto trovare bene: e soprattutto, ho vissuto quasi sempre vicino al mare, per fortuna».
Da genovese, come hai vissuto la vicenda del Ponte Morandi? Hanno da poco completato la costruzione del nuovo ponte.
«Il caso ha voluto che quella mattina mi trovassi a Genova: ero appena tornato dal ritiro perché avevo qualche giorno libero per Ferragosto, e avevo deciso di tornare a Genova. Mi ricordo benissimo cosa ho provato in quei momenti… quella strada l’ho fatta per anni e anni, tutti i giorni, avanti e indietro. La ricostruzione del nuovo ponte è importante per tutta la città».
Parliamo della tua carriera, e partiamo dalle origini. Cresci a Genova e l’esordio tra i professionisti arriva con la maglia dello Spezia.
«Quando ero piccolo, giocavo nel Savona e poi ho fatto 7/8 anni nelle giovanili del Genoa. A 16 anni poi sono andato a Spezia. All’inizio non è stato semplicissimo, sono partito da solo e in fondo ero solo un ragazzino. A Spezia sono stato per due anni molto importanti, ho fatto l’ultimo anno di settore giovanile e poi subito l’esordio, in prima squadra, l’anno del “triplete” in Serie C. Che cosa ho provato? Sapete, quelli erano anni diversi per i giovani… al giorno d’oggi, i ragazzi che esordiscono dalla Primavera alla prima squadra si sentono già giocatori arrivati. Ed è colpa della società moderna. Dieci anni fa era tutto diverso, ero intimorito, sempre sull’attenti; però, ho avuto la fortuna di poter avere a che fare con grandi giocatori (come Vanucchi, per fare un esempio) dai quali si poteva solo che imparare».
Genoa, Spezia… e poi a Savona, in Lega Pro, con un certo Ninni Corda. Uno che di solito, si ama o si odia…
«Con lui sono rimasto in buoni rapporti, l’ho sentito anche ultimamente. Ci sono mille cose che si potrebbero dire sul suo conto, ma alla fine non posso che ringraziarlo perché è stato un grande motivatore: anche nei suoi difetti, faceva cose che per noi giocatori a volte erano impensabili! Come la famosa partita a rugby per il riscaldamento: è tutto vero, ci faceva riscaldare così. La cosa che quell’anno mi ha fatto crescere, è che ogni settimana ognuno di noi doveva letteralmente lottare per il posto da titolare. E poi, in generale, è stata un’annata incredibile quella col Savona, ho bei ricordi di quella stagione: sono rimasto in contatto con qualcuno del gruppo, Davide Agazzi gioca con me a Livorno, poi Aresti per via del Pescara, Cesarini che conoscevo già dai tempi di Spezia…».
Oltre a Ninni Corda, allenatori ne hai avuti tanti perché nonostante la tua giovane età hai già una carriera dieci anni nel mondo dei professionisti. La figura più importante forse è stata quella di Pillon?
«Bepi Pillon lo devo ringraziare a vita: per un ragazzo di 25 anni, giovane ma ormai non più così tanto, salire dalla Serie C alla Serie B senza passare dalla promozione della propria squadra, è davvero difficile. E grazie a lui e all’opportunità che mi ha dato, è stato meno complicato. Oltre a lui però, te ne potrei dire tanti altri: ad esempio Pietro Fusco (oggi Direttore Sportivo della Sambenedettese) che mi ha allenato a Spezia (Beretti) o Angelo Gregucci ad Alessandria».
Alessandria, rimaniamo qui. Non ti chiediamo che cosa hai provato a segnare contro il tuo Genoa in quella meravigliosa serata di Coppa Italia, perché lo abbiamo già letto e ascoltato in una miriade di interviste. Ti chiediamo però: quel gol a Genova, propriò qui da dove sei partito, è stata un po’ la svolta della tua carriera?
«Questi episodi sono quel tipo di cose che ti fanno credere nel destino. Quel gol, in quell’anno, proprio io… sembrava tutto fatto apposta. Quella serata è stata meravigliosa sotto ogni punto di vista, sia per il gol che per la vittoria, sia perché tornando a casa ho risentito tanta gente con cui ho giocato da piccolo. Però la svolta, nel senso di presa di consapevolezza che avrei potuto fare qualcosa nel mondo del calcio, era già arrivata l’anno dell’esordio in C con lo Spezia. Sapete, quando sei così giovane e ti mandano via dal Genoa, inizi a farti mille domande… e ora cosa faccio? Non capisci, e magari pensi che qualcuno ce l’abbia con te. Ho avuto la fortuna di superare quel momento, proprio grazie a quella stagione fantastica allo Spezia: alcuni, arrivati a quel punto, si sarebbero fermati; io invece sono riuscito ad andare avanti. E poi, essendo molto ambizioso, non mi sono mai adagiato sugli allori».
Dopo tante esperienze al Nord, arriva il momento anche per te di confrontarti con il calcio del sud: Trapani. Proprio prima del salto di categoria…
«Ci sono molte differenze tra il girone del nord e quello del sud: la più grande è la gente, lo stadio… al sud ci sono piazze caldissime. Io sono stato veramente bene: dal punto di vista calcistico a Trapani, ho giocato in ruolo molto più difensivo rispetto a quanto avevo fatto sino a quel momento: ero il quinto di centrocampo. È stato uno dei migliori anni della mia carriera: e poi sì, il salto in B, ma per questo come ho detto prima devo ringraziare molto Pillon, perché senza di lui sarebbe stato molto più difficile».
Ed eccoti dunque a Livorno. Sicuramente l’anno più migliore della tua carriera: e anche il più prolifico (7/24), alla faccia di chi ha sempre detto che fai tanti assist ma pochi gol…
«Si, è stato per me un anno veramente importante, nonostante purtroppo la squadra non abbia fatto un buon campionato. 7 gol e 6 assist… questa volta qualche gol l’ho fatto! Mi hanno sempre detto questa cosa, ed effettivamente è sempre stato così prima di quest’anno: a Trapani per esempio ho chiuso il campionato con quattordici assist, il mio record personale».
A cosa è dovuto quest’anno questo miglioramento anche dal punto di vista realizzativo secondo te?
«Credo che sia dovuto a una maggiore spensieratezza. L’anno scorso è stato il mio primo anno di Serie B, dovevo dimostrare di avere le capacità di poterci rimanere e avevo il timore di non riuscirci. E poi c’è un’altra cosa: nella scorsa stagione, nonostante sia stato per me un buon campionato, diciamo che non ero proprio “al centro” della squadra. C’erano tanti giocatori importanti e molto forti. Quest’anno, invece, a Livorno mi sono dovuto prendere tutte le responsabilità della squadra sulle spalle, un po’ perché la squadra mi ha dato fiducia e un po’ perché ne ho acquisita io stesso: prima di quest’anno, era successo solo a Trapani di provare questo senso di responsabilità».
E ora, voltandoti indietro: un gol che ricordi con grande piacere (rete a Marassi esclusa)?
«Quello di Marassi è stato importantissimo dal punto di vista personale, è sicuramente fra questi. Un altro gol che però mi porterò per sempre dentro, è quello con la maglia del Trapani nel derby contro il Catania. Segnare così, in una partita così importante, davanti a 25 mila persone allo stadio… feci il gol del due a zero, dopo una bella azione. Lo ricorderò sempre».
E invece, c’è qualcosa cambieresti del tuo passato?
«Sicuramente ho fatto scelte che non rifarei. Secondo me, per quello che sono riuscito a dimostrare in questi anni, forse non ho avuto quello che avrei dovuto avere. Ho disputato tante buone stagioni, forse sarei potuto salire un po’ prima in Serie B».
Ti senti pronto al grande salto finale? È questo il tuo sogno nel cassetto?
«Certo… come vi ho detto prima, sono una persona molto ambiziosa. L’obiettivo è quello, lo è sempre stato e lo sarà: sono consapevole del fatto che a 26 non sia facile, perché ormai così giovane non lo sono più. A meno che non riesca a salire insieme a una squadra, sarà difficile fare il salto. Poi, da super tifoso rossoblù, se per caso il Genoa mi volesse riprendere… »

Foto copertina: Manuel Marras in “Ma se ghe penso” || credits: Jennifer Lorenzini/LaPresse
21 settembre 2019 Livorno (LI) Italia
sport – calcio Livorno vs Pordenone – Campionato di calcio Serie BKT 2019/2020 – stadio Picchi. Nella foto: esultanza Marras dopo il gol 2-1
Manuel Marras in… “Ma se ghe Penso”, rubrica di Dilettantissimo.
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