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Il giudice sportivo doveva esprimersi contro il ricorso presentato dal FINALE circa la partita persa per 3-0 contro la RIVAROLESE che al 91° Effettuava il 6° cambio di giocatore. La corte d’appello ha seguito la decisione del giudizio di 1° grado che riconosceva il risultato ottenuto sul campo.
Il giudice di 2° grado motiva la sua decisione prendendo ad esempio da una sentenza della commissione disciplinare dell’UEFA riguardo una partita di 
Europa League disputata tra le squadre Debrecen e Litex Lovech del 26 agosto 2010 ed acquisita agli atti del fascicolo (Sentenza, questa, relativa ad una fattispecie di ingresso in campo di un calciatore senza titolo, appartenente alla società Debrecen, a tre minuti dalla fine della gara allorquando il risultato aggregato era di 4-1 in favore del sodalizio magiaro. La Commissione Disciplinare dell’UEFA, pur riscontrando la violazione a carico della società ungherese, aveva rigettato la richiesta di perdita della gara formulata dalla società Litex Lovech, proprio in considerazione della buona fede della società Debrecen e della non corrispondenza dell’invocata sanzione al menzionato principio di proporzionalità).

Corte Sportiva d’Appello

La Corte Sportiva D’Appello del Comitato Regionale Liguria della F.I.G.C., Primo Collegio, composta dai signori Avv. Aldo M. NAPPI, Avv. Alessio CHIARLA e Avv. Filippo CHIARLA, nella riunione del 12 dicembre 2018  ha deliberato:

Prot. N.  12 CS – Reclamo presentato da FBC FINALE, avverso provvedimento emesso dal Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Ligure pubblicato con C.U.  n. 21 del 18 ottobre 2018. Gara: RIVAROLESE 1919 – FINALE del 7 ottobre 2018.

Con atto di reclamo spedito in data 24 ottobre 2018 la società FINALE ha impugnato la decisione del Giudice Sportivo pubblicata sul C.U. n. 21 del 18 ottobre 2018, con la quale è stato omologato il risultato della gara disputata contro la società RIVAROLESE 1919 del 7 ottobre 2018, terminata con il risultato di 3-0 in favore di quest’ultima.

All’udienza del 13 novembre 2018, entrambe le parti venivano ascoltate e concludevano come da atti rispettivamente versati in atti. All’esito della discussione, il Presidente, alla presenza delle parti, rinviava la causa all’udienza del 12 dicembre 2018, al fine di acquisire una sentenza pronunciata dalla Commissione Disciplinare dell’UEFA in data 31 agosto 2010, relativa alla gara di Europa League disputata tra le squadre Debrecen e Litex Lovech del 26 agosto 2010.

Acquisita la decisione in parola, all’udienza del 12 dicembre 2018 la Corte si ritirava in camera di consiglio per deliberare come da dispositivo in calce alla seguente motivazione.

Oggetto della contestazione è l’effettuazione in corso di gara di una sostituzione in più rispetto al massimo consentito (cinque) da parte della società RIVAROLESE 1919.

Più in particolare, è pacifico – e non contestato tra le parti – che la predetta società abbia effettuato una sesta sostituzione al 46’ secondo tempo (cfr.: pg. 3 ricorso FINALE).

Sulla base di tale circostanza, la reclamante ha domandato l’applicazione, in via alternativa, della disposizione di cui all’art. 17 co. 1 ovvero co. 5 ed ha chiesto, contestualmente, l’inflizione nei confronti della società RIVAROLESE 1919 della sanzione della perdita della gara con il risultato di 0-3.

Tale domanda è stata rigettata dal Primo Giudice in quanto “la situazione […] non appare aver influito minimamente sul risultato del campo, sia per le dimensioni che lo stesso aveva già assunto al momento dei fatti contestati in relazione ai quattro minuti ancora da disputarsi, sia per il fatto che il sesto calciatore non ha contribuito all’incremento del risultato stesso”.

In altre parole, il Giudice Sportivo ha ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 17 co. 1 C.G.S., ed ha considerato il fatto di “particolare tenuità”, con conseguente applicazione di “una delle sanzioni previste dall’art. 18 co.1 C.G.S.”.

Di qui la decisione di infliggere sanzioni disciplinari e pecuniarie alla società RIVAROLESE 1919 e di omologare, comunque, il risultato conseguito sul campo.

Come si è detto, la reclamante ha contestato tale motivazione asserendo che la condotta posta in essere dalla società RIVAROLESE 1919 sarebbe “violativa del precetto sancito e previsto dall’art. 74 co. 2 N.O.I.F. e dalla regola n. 3 punto 2) del Regolamento del Giuoco del Calcio, i quali sanciscono il numero massimo di 5 (cinque) sostituzioni nelle competizioni ufficiali”.

Ad avviso della ricorrente, in particolare, ha richiesto l’applicazione dell’art. 17 C.G.S.:

co. 1, in quanto il contegno in parola avrebbe influito sul regolare svolgimento della gara, stante la “numerosa casistica di partite che hanno visto ribaltato una risultato eclatante in pochissimi minuti” (cfr. pg. 7 ricorso FINALE);
co. 5, poiché “l’ingresso in campo di un giocatore sulla scorta di una sostituzione inammissibile pone l’atleta in una posizione irregolare in quanto il medesimo non aveva titolo e non poteva prendere parte alla gara” (cfr. pg. 3 ricorso FINALE).

Prima di approfondire il tema relativo alla valutazione nel merito delle censure mosse dalla reclamante, è necessario soffermarsi brevemente sulle eccezioni di inammissibilità del reclamo proposte dalla società RIVAROLESE 1919 nell’ambito delle proprie controdeduzioni.

In precisione, il sodalizio reclamato ha dedotto che sia l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia quello introduttivo del giudizio di appello, sarebbero da considerarsi inammissibili in quanto non correttamente notificati alla controparte.

Il primo atto, infatti, sarebbe stato inviato all’indirizzo della sede societaria e non già all’indirizzo indicato dalla società per la ricezione della corrispondenza.

Il secondo atto, diversamente, sarebbe stato notificato a quest’ultimo indirizzo e non già al domicilio eletto in sede di controdeduzioni davanti al Primo Giudice presso il difensore.

Dal contenuto degli atti versati nel fascicolo, emerge che la notifica del reclamo davanti al Primo Giudice da parte della società FINALE veniva effettuata presso la sede della società.

Come è noto, ai sensi dell’art. 38 co. 8 C.G.S. “gli atti per i quali è prevista dal presente Codice la comunicazione agli interessati devono essere comunicati con le seguenti modalità, da considerarsi alternative fra loro: […] per le società a) nel domicilio eletto ai fini del procedimento stesso, ove formalmente comunicato agli Organi della giustizia sportiva […] b) presso la sede della società”.

In particolare, la previsione contenuta nell’art. 38, comma 8, C.G.S., non è accompagnata da alcuna indicazione circa la sussidiarietà dei luoghi di notificazione ivi indicati, di talché alla elencazione dei detti luoghi ben può attribuirsi valore e portata di alternatività tra gli stessi; essa dunque non fa altro che indicare i diversi luoghi ove possono essere effettuate le comunicazioni relative ad un procedimento ai tesserati, lasciando al notificante – in assenza di altra e puntuale indicazione contenuta nella norma in esame – la opportunità di procedere alla comunicazione presso la sede della società (cfr. Corte di Giustizia Federale, in C.U. n. 114/CGF del 19 febbraio 2009).

Sotto altro profilo, ai fini della conferma fattuale del raggiungimento degli effetti delle comunicazioni che hanno visto come destinataria la controparte, non è irrilevante constatare come le sue opportunità e facoltà defensionali non abbiano subito alcun nocumento dalla circostanza che le comunicazioni degli atti siano state indirizzate alla sede della società, in quanto il sodalizio reclamato ha potuto contestare nel merito le asserzioni dedotte dalla reclamante, non limitandosi dunque a formulare la sola eccezione di irregolarità delle notifiche, mantenendosi così integra, nei fatti, la potenzialità del quadro difensivo che la reclamata ha avuto modo di proporre controdeducendo efficacemente a quanto rappresentato dalla società FINALE.

La notifica presso la sede della società, pertanto, è più che sufficiente a soddisfare il requisito in argomento, di talché il reclamo proposto in primo grado dalla società FINALE non può ritenersi affetto da alcuna irregolarità formale e, men che meno, da irregolarità tali da determinarne la dedotta inammissibilità.

Similmente, relativamente al ricorso proposto davanti a Questa Corte, la notificazione è stata effettuata sia presso la sede della società sia presso l’indirizzo indicato dalla medesima ai fini della ricezione della corrispondenza, ciò per cui la comunicazione – per le identiche ragioni di cui sopra – non può reputarsi attinta da alcun profilo di irregolarità.

Pertanto, et de hoc satis, i reclami proposti dalla società FINALE sia davanti al Giudice Sportivo sia davanti a Questa Corte devono essere dichiarati rituali ed ammissibili.

Passando al merito della questione, appare anzitutto dirimente stabilire quale sia la norma applicabile al caso di specie e, in particolare, se al fine di decidere la fattispecie in argomento debba farsi applicazione del co. 1 o del co. 5 dell’art. 17 C.G.S., ovvero di altra norma ancora.

La differenza, in proposito, non è di scarso momento.

Ove, infatti, si ritenesse che il calciatore entrato in campo a seguito della sesta sostituzione non avesse avuto titolo per prendere parte alla partita, non si potrebbe che applicare la sanzione della perdita della gara, in quanto l’art. 17 co. 5 C.G.S. non lascia discrezionalità alcuna al Giudicante laddove stabilisce testualmente: “La punizione sportiva della perdita della gara è inflitta […] alla società che fa partecipare alla gara calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo per prendervi parte”.

D’altra parte, come recentemente affermato dal Collegio di Garanzia del C.O.N.I. (decisione n. 19 del 2018), “l’avere titolo a partecipare ad una gara significa essere in regola col tesseramento e non avere squalifiche o altri procedimenti in corso”.

Nell’ipotesi in parola, il calciatore subentrato a seguito della sesta sostituzione era regolarmente tesserato e non risulta fosse attinto da provvedimenti di squalifica o da ulteriori procedimenti; in altre parole, seguendo la linea interpretativa tracciata dal Supremo Collegio, aveva titolo per prendere parte alla gara.

Da tale affermazione consegue, necessariamente, che nel caso di specie non possa farsi applicazione dell’art. 17 co. 5 C.G.S..

A ciò devesi aggiungere che, né all’interno del C.G.S. né all’interno delle N.O.I.F., consti una norma in virtù della quale debba essere comminata la sanzione della perdita della gara ad una società la quale abbia effettuato un numero di sostituzioni superiori al massimo consentito.

In considerazione di quanto sopra, deve ribadirsi il principio secondo cui, “in assenza di previsione normativa, non è possibile adottare una sanzione per una condotta non prevista, né tanto meno si può ricorrere all’analogia” (cfr.: Collegio di Garanzia del C.O.N.I. sent. n. 19 del 2018).

Da ciò se ne deve desumere che, in casi come quello in argomento, la valutazione circa l’an ed il quantum della sanzione sia demandata alla discrezionalità del Giudicante, con conseguente necessità di fare riferimento agli artt. 17 e 18 del C.G.S..

Più precisamente, l’art. 17 co. 1 C.G.S. statuisce, testualmente: “La società ritenuta responsabile, anche oggettivamente, di fatti o situazioni che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara o che ne abbiano impedito la regolare effettuazione, è punita con la perdita della gara stessa con il punteggio di 0‐3 […] La società ritenuta responsabile è punita con la sanzione minima della penalizzazione di punti in classifica in misura almeno pari a quelli conquistati al termine della gara. Se il fatto o la situazione è di particolare tenuità, può essere irrogata, in luogo di tale sanzione, una delle sanzioni di cui alle lettere b), c), d), e), f) dell’art. 18, comma 1. Se il fatto o la situazione è di particolare gravità si applica inoltre una delle sanzioni di cui alle lettere d), e), f) dell’art. 18, comma 1”.

Alla luce di tale disposizione emerge inequivocabilmente che, al fine di infliggere la sanzione della perdita della gara, è necessario che la società si sia resa responsabile di un fatto che abbia influito sul regolare svolgimento della stessa.

In tale ottica, va ricordato come il Primo Giudice abbia, da un lato, ritenuto che la condotta posta in essere dalla società RIVAROLESE 1919 non avesse “influito minimamente sul risultato del campo” e, dall’altro, che il “fatto contestato” fosse da reputarsi di “particolare tenuità”, con conseguente possibilità di applicare una sanzione diversa, e meno afflittiva, rispetto a quella della perdita della gara.

Questo ragionamento non è del tutto corretto.

L’art. 17 C.G.S., infatti, deve essere applicato solo in presenza di fatti che abbiano concretamente alterato il regolare svolgimento della gara, di talché, ove si ritenga che una determinata condotta non abbia prodotto tale effetto, non è possibile applicare alcuna delle sanzioni ivi previste.

In altre parole, il fatto cd. “di particolare tenuità” di cui al terzo periodo del menzionato articolo, consiste in quello previsto dal co. 1 della medesima norma, e cioè in un fatto che, comunque, abbia influito sul regolare svolgimento della gara. Qualora detto fatto sia di “particolare tenuità”, ferma restando la sanzione della perdita della gara, è possibile non infliggere l’ulteriore sanzione della penalizzazione di punti in classifica e di applicare, in sua vece, una delle sanzioni previste dall’art. 18 co. 1 C.G.S..

L’inciso “in luogo di tale sanzione”, infatti, è chiaramente riferito alla penalizzazione dei punti in classifica e non già alla perdita della gara di cui al primo periodo della norma in commento.

Di conseguenza, il Giudice Sportivo, dopo aver affermato che il fatto in contestazione non avesse influito sul regolare svolgimento della gara, avrebbe dovuto applicare in via diretta una delle sanzioni di cui all’art. 18 C.G.S. e non irrogarla in via mediata, per mezzo del richiamo di cui all’art. 17 co. 1 terzo periodo.

In buona sostanza, l’art. 17 C.G.S. non deve essere utilizzato in presenza di violazioni le quali non abbiano alterato il regolare svolgimento della gara, atteso che, per simili fattispecie, devesi applicare il disposto di cui all’art. 18 C.G.S., a mente del quale sono stabilite sanzioni alle società per la “violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile”.

Chiarito quanto sopra, resta da valutare se il nucleo della motivazione offerta dal Primo Giudice sia fondato e cioè se, effettivamente, possa affermarsi che la violazione contestata alla società RIVAROLESE 1919 non debba rientrare nella sfera applicativa di cui all’art. 17 co.1 C.G.S..

Sul punto, va anzitutto evidenziato come la norma sanzioni quei fatti o situazioni “che abbiano influito sul regolare svolgimento di una gara”, con ciò demandando all’interprete un giudizio ex post e non ex ante.

Detto altrimenti, la norma in questione non sanziona quelle condotte astrattamente e/o potenzialmente idonee ad alterare il regolare svolgimento di una gara, bensì  quei comportamenti che abbiano concretamente prodotto tale effetto.

Pertanto, tutte le argomentazioni della reclamante in merito alla “casistica di partite che hanno visto ribaltato un risultato eclatante in pochissimi minuti” (cfr. reclamo FINALE, pg. 7) sono inconferenti, in quanto dimostrano solo che, in linea teorica, in pochi minuti è possibile realizzare diverse segnature.

Epperò, come si è detto, al fine di applicare l’art. 17 co. 1 C.G.S. nella sua portata sanzionatoria, non è sufficiente asserire che, teoricamente, il risultato avrebbe potuto essere modificato nei pochi minuti di giuoco successivi alla sesta sostituzione, ma è necessaria la dimostrazione che tale sostituzione – effettuata in violazione di norme dell’ordinamento sportivo – abbia effettivamente inciso sullo svolgimento della gara, alterandone la regolarità.

In altre parole, il tenore della norma in commento esclude che la condotta violatrice comporti un’influenza sulla regolarità della gara in re ipsa, essendo al contrario questa valutazione demandata al sindacato dell’Organo Giudicante.

In tale ottica, il fatto che non si possa “escludere con certezza la possibilità che la società oggi ricorrente con la presenza in campo di un diverso calciatore avversario stanco dopo 90 minuti di gara […] potesse realizzare tre o quattro gol nei minuti finali” (cfr. reclamo FINALE, pg. 7) e che “quel calciatore […] avrebbe potuto aggredire il direttore di gara, colpendolo o solo minacciandolo, con conseguente sospensione anticipata dell’incontro con l’assegnazione della vittoria alla squadra oggi ricorrente” (cfr. reclamo FINALE, pg. 8), non comporta, sotto un profilo logico, la dimostrazione che tale comportamento abbia concretamente alterato non solo il risultato, ma anche il semplice svolgimento della partita in questione.

Anzi, devesi rilevare come la reclamante medesima, al di là delle ipotetiche proposizioni sopra citate, non abbia dedotto alcuna circostanza concreta sulla base della quale poter anche solo paventare che l’ingresso del calciatore in esito alla sesta sostituzione – a tre minuti del termine della gara e sul risultato di 3-0 per la RIVAROLESE 1919 – abbia influito in qualche modo nello svolgimento della stessa.

Come è noto, sul punto, sarebbe stato onere della ricorrente provare che la condotta in contestazione avesse alterato la regolarità della partita, deducendo fatti e/o situazioni in relazione alle quali Questa Corte avrebbe potuto affermare l’ascrivibilità della fattispecie in argomento alla sfera applicativa dell’art. 17 co.1 C.G.S..

Al contrario, simili circostanze non solo non state dimostrate, ma non sono neppure state dedotte, posto che nel reclamo non si rinviene alcun accenno all’alterazione ipoteticamente determinata dall’ingresso sul t.d.g. del sesto sostituto.

Né, in proposito, sussistono presunzioni di sorta in virtù delle quali debba ritenersi che, nell’ipotesi in commento, sussista una sorta di inversione dell’onere della prova, atteso che è lo stesso C.G.S. ad escludere una simile eventualità, nella parte in cui sottopone chiaramente a sanzione, come si è detto, non “fatti idonei ad alterare” lo svolgimento di una gara, bensì fatti che “abbiano alterato” la regolarità della stessa.

In altre parole, il Legislatore Sportivo ha previsto un doppio binario sanzionatorio per le violazioni alle regole per le quali possa essere invocata la responsabilità delle società:

da un lato, le violazioni che hanno influito sul regolare svolgimento di una gara, per le quali sono previste le sanzioni di cui all’art. 17 co. 1 C.G.S.;
dall’altro, le violazioni che non hanno influito sulla regolarità della partita, sanzionate a mente dell’art. 18 co. 1 C.G.S..

Nel caso di specie, manca agli atti qualsivoglia indizio che la condotta violatrice concretata dalla RIVAROLESE 1919 abbia alterato il regolare svolgimento della gara e, pertanto, bene ha fatto il Primo Giudice ad applicare solo la sanzione di cui all’art. 18 C.G.S.  – seppur con la precisazione di cui in narrativa – ed a non ritenere la fattispecie in argomento rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 17 C.G.S..

Con ciò, Questa Corte non intende certo introdurre un’illegittima deroga al numero massimo di sostituzioni consentite durante una gara ufficiale.

Va, anzitutto, ricordato che la condotta della società RIVAROLESE 1919 non è stata ritenuta irrilevante a livello disciplinare, bensì è stata considerata meritevole di sanzione ai sensi dell’art. 18 C.G.S..

Non solo. Ove, nel presente procedimento, fosse stata dimostrata l’influenza del calciatore indebitamente sostituito nello svolgimento della partita, Questa Corte non avrebbe che potuto infliggere la sanzione della perdita della gara, ai sensi dell’art. 17 co. 1 C.G.S.. Una probatio, questa, tutt’altro che diabolica, atteso che, ai sensi dell’art. 35 co. 3.2 “quando il procedimento sia stato attivato d’iniziativa di una società, esso si svolge anche sulla base delle deduzioni e, ove previste, delle controdeduzioni delle parti” e che è facoltà delle parti formulare istanze istruttorie nell’ambito del procedimento medesimo.

Nel caso in parola, come si è detto, nessuna deduzione sul punto è stata formulata dalla reclamante.

A ciò devesi aggiungere che la società RIVAROLESE 1919 non aveva alcun interesse nell’effettuare una sostituzione in più di quelle consentite a pochi minuti dalla conclusione della partita e con il risultato in proprio favore per 3-0; ciò da cui si può arguire che tale violazione non sia stata intenzionale e sia dovuta ad un mero errore in buona fede commesso dalla società reclamata.

In tale ottica, tenuto conto che “il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo” (cfr. Collegio di Garanzia del C.O.N.I. sent. n. 19 del 2018), la sanzione della perdita della gara non apparirebbe, comunque, rispondente a tale fine, stanti la natura e le circostanze nelle quali ha tratto scaturigine la violazione in parola.

Ad abundantiam, Questo Collegio ricorda come, anche in ambito UEFA – in conformità alle cui norme è adottato il C.G.S. ai sensi del proprio art. 1 co. 1 – la normativa disciplinare sia governata dai generali principi del diritto, tra cui quello di proporzionalità.

Principio, questo, affermato apertis verbis nella sentenza pronunciata dalla Commissione Disciplinare dell’UEFA in data 31 agosto 2010, relativa alla gara di Europa League disputata tra le squadre Debrecen e Litex Lovech del 26 agosto 2010 ed acquisita agli atti del fascicolo (Sentenza, questa, relativa ad una fattispecie di ingresso in campo di un calciatore senza titolo, appartenente alla società Debrecen, a tre minuti dalla fine della gara allorquando il risultato aggregato era di 4-1 in favore del sodalizio magiaro. La Commissione Disciplinare dell’UEFA, pur riscontrando la violazione a carico della società ungherese, aveva rigettato la richiesta di perdita della gara formulata dalla società Litex Lovech, proprio in considerazione della buona fede della società Debrecen e della non corrispondenza dell’invocata sanzione al menzionato principio di proporzionalità).

Per tali ragioni, la Corte Sportiva d’Appello, delibera di respingere il reclamo proposto dalla società FINALE confermando, con le precisazioni di cui in motivazione, la sentenza di primo grado.

Dispone l’incameramento della tassa, non versata ed addebitata in acconto.

La Corte Sportiva D’Appello del Comitato Regionale Liguria della F.I.G.C., Primo Collegio, composta dai signori Avv. Aldo M. NAPPI, Avv. Alessio CHIARLA e Avv. Filippo CHIARLA, nella riunione del 12 dicembre 2018  ha deliberato:

Prot. N.  CS – Reclamo presentato da MULTEDO 1930, avverso provvedimento emesso dal Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Ligure pubblicato con C.U. n. 30 del 29 novembre 2018 relativo alla squalifica del calciatore Gianluca RASERO per quattro gare. Gara: GENOVESE BOCCADASSE – MULTEDO 1930 del 24 novembre 2018.

Con mail inviata alla Segreteria del Comitato Regionale la società MULTEDO 1930 ha proposto ricorso avverso la decisione in epigrafe, chiedendo la riduzione della squalifica inflitta al proprio tesserato.

Preliminarmente, Questa Corte deve osservare come il reclamo sia stato inviato il giorno successivo alla scadenza del termine di sette giorni previsto a pena di inammissibilità e trasmesso a mezzo mail non certificata.

Ai sensi degli artt. 36 e 28 co. 6 C.G.S. il reclamo deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Per tali ragioni, la Corte Sportiva d’Appello, dichiara inammissibile il reclamo proposto dalla società MULTEDO 1930 confermando la sentenza di primo grado.

Dispone l’incameramento della tassa, non versata.

La Corte Sportiva D’Appello del Comitato Regionale Liguria della F.I.G.C., Primo Collegio, composta dai signori Avv. Aldo M. NAPPI, Avv. Alessio CHIARLA e Avv. Filippo CHIARLA, nella riunione del 12 dicembre 2018  ha deliberato:

Prot. N. 28 CS – Reclamo presentato dalla società COLLI ORTONOVO, avverso provvedimento emesso dal Giudice Sportivo presso il Comitato Regionale Liguria pubblicato con C.U.  n. 32 del 6 dicembre 2018, relativo alla squalifica del calciatore Stefano GAMBINO per tre gare. Gara: COLLI ORTONOVO – CASARZA LIGURE del 2 dicembre 2018.

La società COLLI ORTONOVO ha proposto rituale reclamo avverso il provvedimento in epigrafe, chiedendo la riduzione della squalifica inflitta al proprio tesserato.

La squalifica era stata inflitta dal Primo Giudice, in quanto il Signor GAMBINO aveva, a giuoco in svolgimento, attinto con una gomitata all’addome un calciatore avversario, facendolo cadere a terra e provocandogli dolore.

Ad avviso della reclamante, tale contatto avrebbe dovuto essere considerato alla stregua di un contrasto di giuoco e, conseguentemente, sanzionato in misura meno severa.

Il reclamo è fondato.

Dalla lettura del referto arbitrale emerge come la condotta sia stata posta in essere dal Signor Gambino a giuoco in svolgimento e che il dolore provocato al calciatore attinto sia stato “leggero”.

Si può, pertanto, accedere alla proposizione della reclamante e qualificare il contegno in contestazione non già come condotta violenta, bensì come comportamento gravemente antisportivo, con conseguente possibilità di applicare la sanzione della squalifica per due gare.

Per tali ragioni, la Corte Sportiva d’Appello, in accoglimento del reclamo proposto dalla società COLLI ORTONOVO, delibera di ridurre di una gara la sanzione inflitta al calciatore Stefano GAMBINO, e per l’effetto di applicare la sanzione della squalifica per due gare.

Dispone la restituzione della tassa, non versata ed addebitata in acconto.