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Chiunque abbia condiviso lo spogliatoio con Andrea Biamino sa del ragazzo d’oro di cui stiamo per parlare. Un portiere tecnico, affidabile, concentrato, capace di sfatare un po’ quel mito del portiere pazzo e imprevedibile. Biamino, classe 96, per i suoi coetanei si identifica con il Borgoratti, squadra di cui ha difeso la porta fino ai 17 anni. Dopo il Borgo, Figenpa, San Desiderio, Olimpic P.P. e Sori.

Come stai vivendo questa quarantena?

Guarda, penso che sia giusto dare la priorità alla salute di ogni cittadino. È normale che ci manchi giocare a calcio, ma dico sempre che se il calcio riparte deve farlo in totale sicurezza. Ora non potrebbe. Finché la situazione è questa ed è giusto temporeggiare. I nostri campionati vanno considerati terminati, Ho letto che potrebbe ripartire la Serie A, spero lo facciano ma solo se in totale sicurezza e tranquillità.

Un peccato per voi del Sori, eravate a ridosso dei play-off dopo la scorsa stagione negativa.

Sono arrivato questa stagione a Sori dopo tre anni all’Olimpic che mi sono serviti tantissimo tecnicamente e psicologicamente. Quest’anno pensavo di prendermi un anno di pausa, ma le opportunità arrivano quando meno te l’aspetti: stavamo facendo una stagione molto interessante in un campionato molto ostico come il girone B di Prima Categoria. Ci stavamo comportando bene ed eravamo in alto, mentre l’obiettivo del Sori era “solo” la salvezza: arrivare a 40 punti e poi vedere se ci fossero le possibilità di divertirsi. Peccato essersi fermati, le premesse per un ottimo finale c’erano tutte. Il segreto? Il gruppo, davvero. Dei ragazzi fantastici con cui ho legato fin da subito.

Biamino con la fascia da capitano

Beh, tu sei anche famoso per essere un “uomo-spogliatoio”…

Effettivamente in qualsiasi squadra io sia andato non ho mai avuto la minima difficoltà a integrarmi: sono tutt’ora in ottimi rapporti con tutti. 

E ti danno anche qualche soprannome…

Quello più famoso è l’hashtag “11 Biamino”. È nato a Sande grazie al mio amico Federico Piana che diceva sempre “ne vorrei 11 come te”. Poi come sai ho una particolare attenzione ai capelli, quindi i riferimenti al mio ciuffo ci sono sempre…

A Sori dividi la porta con altri due ragazzi, Gandolfi e De Gregorio, e hai un mister di tutto rispetto: Marco Ferrero.

Ad allenamento siamo in 5: insieme a noi tre ci sono anche i portieri della juniores Luca Pascucci e Nicolò Massa. Il mister, Ferrero, lo avevo già conosciuto nei vari corsi che organizzava. Abbiamo da sempre un buon rapporto, ma questo è il primo anno che ce l’ho come allenatore. Apprezzo la sua capacità di allenare con serietà curando la tranquillità e la serenità dei portieri. Nel nostro ruolo la testa fa la differenza, e allenarsi in un clima tranquillo fa la differenza. Con i colleghi ho un rapporto davvero ottimo: con i miei compagni di reparto ho sempre legato, penso a Chesi, Leone, Asso, Drigani… e ho legato tanto anche con Pippo Gandolfi e “De Gre”. La competizione, se è sana, ti fa rendere meglio: secondo me nessuno deve essere mai sicuro del posto. Quest’anno ho avuto una buona continuità, ma abbiamo giocato tutti e tre. Il mister ci ha sempre valutato in allenamento e ha dato fiducia a tutti. Mi è capitato anche con mister Meligrana, quando dividevo la porta con Asso e Drigani.

Biamino in azione con l’Olimpic

Ripercorriamo la tua carriera elencando i tuoi ricordi più belli.

Dopo una vita a Borgoratti, il primo anno in prima squadra l’ho fatto come secondo a Figenpa. Ero molto giovane, è stato un anno che mi è servito tanto per inserirmi nel mondo della prima squadra. San Desiderio è un ambiente diverso dagli altri, unico: giochi per un paese, con i tifosi. Vincere la Coppa Italia contro l’Albissola, una squadra che quell’anno aveva vinto tutto e partiva con i favori dei pronostici. Si respirava un clima magico, stare in panchina mi è quasi piaciuto perché mi sono goduto i tifosi e l’atmosfera da serie A (ride). A SanDe mi sono divertito e, con la Juniores, abbiamo vinto le finali provinciali qualificandosi per la Juniores di Eccellenza. Un bellissimo traguardo. Ho vissuto gli anni più belli, in termini di risultati, del San Desiderio: i campionati in Promozione, la Juniores Regionale, la vittoria della Coppa. Poi, per avere un po’ più minutaggio, fondamentale per il nostro ruolo, ho accettato la proposta di mister Meligrana di andare all’Olimpic. All’Olimpic sono arrivato in punta di piedi, dovevo conquistarmi il posto: volevo imparare da un grande portiere come Asso. Tre anni che definirei intensi dove sono cresciuto tanto. Il primo anno fu positivo per quanto riguarda la continuità (19 partite, l’anno prima in promozione ne avevo fatta solo 1), ma non posso dirmi del tutto soddisfatto del mio rendimento. Passai attraverso qualche momento difficile che mi aiutò a crescere e, nel secondo anno, feci molto meglio. A livello di squadra ricordo la vittoria per 2-0 contro la corazzata Praese, la vittoria a Multedo per 3-0 poi la vittoria contro la Cella in cui, a livello personale, feci una delle mie migliori partite.

Poi è arrivato il Sori. C’è una partita che ti è rimasta impressa?

Sì, come ti dicevo volevo prendere un anno di pausa, ma a preparazione iniziata mi ha chiamato il Sori. La partita più bella è la vittoria per 3-1 con l’allora capolista Anpi Casassa. Un bellissimo ricordo.

In ogni squadra hai vissuto tanti piccoli cicli, hai girato poche squadre e, dove ti trovi bene, rimani volentieri.

È giusto parlare di cicli! All’olimpia, per esempio, i tre anni sono stati proprio un ciclo, che ho reputato terminato quando sono andato via. Per farti capire, sono andato via nell’anno in cui mi sentivo meglio fisicamente. Condivido in pieno quello che dici: cerco di vivere un percorso importante in tutte le squadre in cui vado, voglio dare un minimo di continuità. In questo senso i gruppi fanno tanto, la partita di quest’anno contro l’Olimpic è stato un bel ritorno al passato perché a loro sono molto grato e rivedersi è stato un piacere. Poi comunque ci sono anche in casi in cui la tua permanenza non dipende da te.

Domanda secca. Il portiere più forte del mondo?

Il mio idolo, fin da bambino, è Gianluigi Buffon. Per la continuità che ha avuto, la semplicità nei gesti tecnici, la leadership… Il Buffon del 2006 è il portiere più forte della storia. Un livello inarrivabile. Non gli facevi gol neanche con le mani, ha preso due gol in un Mondiale (un autogol e un rigore). Ha sempre fatto sembrare facili tutto. Oggi ti dico Alisson Becker, sotto l’aspetto caratteriale dà una tranquillità alla squadra incredibile. E poi il calcio si evolve: lui è un portiere moderno. Sa giocare con i piedi come un centrocampista, ha visione di gioco, lettura dell’azione. E poi è sempre posizionato benissimo, anche a lui riesce semplice tutto. È il più forte attualmente senza dubbio.

Grazie per la chiacchierata, Andre!

T.I.