L’UOMO DEL GIORNO: L’INTERVISTA A UN VOLTO NOTO NEL PANORAMA DEL CALCIO DILETTANTISTICO LIGURE. OGGI CON NOI IL TECNICO DEL CANALETTO, CLODIO BASTIANELLI.
L’importanza di essere se stessi, fuori e dentro il campo; essere sereni delle proprie scelte e delle proprie azioni; la bellezza del calcio la sera d’estate. Questo è essenzialmente ciò che ho imparato oggi intervistando Clodio Bastianelli, allenatore del Canaletto. Seppur giovane, il tecnico spezzino ha davvero fatto molta gavetta… dal calcio amatoriale sino alla Promozione.
Da dove hai iniziato?
“Ho iniziato ad allenare molto giovane. Le mie prime ossa me le sono fatte sui campi amatoriali: già lì, giocando con gli amici, iniziavo ad allenare. La mia prima vera esperienza è stata quella con la juniores provinciale del Don Bosco Spezia: abbiamo vinto i regionali, è stato un anno davvero molto bello e importante. Ricordo che eravamo partiti male, ma con ‘una bella galoppata’ riuscimmo a vincere il campionato”.
… poi, hai iniziato con le prime squadre.
“Ho poi allenato l’Arsenal Spezia, con cui abbiamo ottenuto una promozione dalla Terza alla Seconda Categoria; poi con l’Arci Termo, con cui dalla Seconda siamo andati in Prima. Ho lottato e raggiunto una salvezza con il Mazzetta Candor in Prima; infine i quattro anni con il Follo San Martino, con cui abbiamo ottenuto la promozione in Prima e mantenuto la categoria. E adesso eccomi qui, con il Canaletto“.
Come ti trovi con il Canaletto?
“Mi trovo bene con tutto l’ambiente. I dirigenti qui sono lo zoccolo duro della società, uomini che sono nel calcio da più di cinquant’anni: non sono solo dirigenti, loro sono il calcio. Li ho capiti, e loro hanno capito me. Quando riesce questo, non puoi che star bene al Canaletto: proprio per questo sento la fiducia, sento di potermi muovere a mio piacimento. Il dirigente che mi è più vicino è Fabrizio Vaccarini, che da tanti anni è nel mondo del calcio, mi ha persino allenato quando ero ragazzo. Poi diciamocela tutta, il Canaletto non ha bisogno di troppe presentazioni: dopo lo Spezia Calcio, il Canaletto è la società più storica e blasonata della città“.
Un Canaletto che quest’anno stava disputando un ottimo campionato: terzo posto, ma con una partita da recuperare (contro il Golfo PRCA) che potenzialmente potrebbe vedervi in cima alla classifica insieme al Cadimare.
“Sarebbe troppo semplicistico dire che stavamo disputando una stagione al di sopra delle aspettative. Troppo facile dire: ‘Siamo partiti per salvarci’; io non voglio dire questo. Credo – e spero – come tutti gli allenatori, noi siamo partiti per fare più punti possibili e giocare al calcio al meglio delle nostre possibilità. Poi, vuoi per la crescita di consapevolezza e convinzione dei miei giocatori, vuoi per l’innesto di individualità importanti… abbiamo fatto molto bene sino a che si è giocato”.
Una stagione purtroppo interrotta. Qual’è il tuo pensiero a riguardo?
“Già da quando non esisteva questo problema, o meglio, quando sembrava una cosa lontana, da film, auspicavo già una pausa invernale dai campi da calcio. Senza freddo e senza acqua. Giocare la sera d’estate mi ha sempre affascinato. Alla fine, ci sono sempre tornei estivi, la gente ha troppa voglia di giocare a calcio. Allora, a questo punto dico: sperando che questo mostro si allontani da noi il prima possibile, perché non giocare la sera d’estate? Ovviamente, capisco tutte le problematiche del caso… però per me sarebbe una soluzione”.
Ma ora, torniamo a te: che tipo di allenatore è mister Bastianelli?
“Pur non essendo ‘vecchissimo’, credo di aver abbastanza esperienza alle spalle, avendo fatto tanta gavetta in tutte le categorie. Sono uno istintivo e sono sempre me stesso, dentro e fuori dal campo, in allenamento o in partita. Secondo me avere a disposizione un ‘gruppo sano’ viene prima di ogni cosa, di ogni metodologia, ogni schema, ogni numero. Bisogna avere in mano le redini e conoscere i propri giocatori. Il lavoro estivo è secondo me una delle parti fondamentali di una stagione: bisogna mettere insieme un buon gruppo, che possano dare una mano a prescindere dal ruolo in campo. Questo spesso va un po’ a fortuna, lo ammetto (😂): ma se riesci a mettere insieme le persone in un certo modo, le metodologie di allenamento e tutto il resto vengono poi da sé.
Mi piace molto stare all’interno dello spogliatoio. Durante la settimana divido il lavoro con i miei collaboratori… scusa, mi fa ridere chiamarli così, perché sono miei amici. Poi nei novanta minuti di partita… diciamo che una sudatina me la faccio anche io! La domenica è anche un po’ la mia partita, la vivo con molta intensità insieme ai miei giocatori”.
C’è un allenatore a cui ti ispiri e/o che è stato fondamentale per la tua crescita come tecnico?
Vladimiro Guerrato. È stato il mio primo allenatore al Chiappa (squadra che oggi non esiste più), da quando ho iniziato a tirare i primi calci sino ai 15 anni. Lui mi ha insegnato tanto a livello calcistico; ma soprattutto, mi ha dato tanto a livello umano. Ho perso il papà ha 12 anni, e lui per me è stato un secondo padre nel vero senso della parola: ha ricoperto quella figura mancante nella mia vita.
E tra i professionisti?
Mi piace molto Luciano Spalletti. Mi piace come fa giocare le sue squadre e la sua metodologia di allenamento. L’ho conosciuto come giocatore allo Spezia, ha sposato una ragazza di qui. Mi piace come vede il calcio e mi sta pure simpatico quando gli fanno le interviste. E poi si pettina come me (😂)
Hai mai avuto a che fare con società, per così dire, “ingombranti”, che volevano intromettersi nelle tue decisioni e nel tuo modo di gestire lo spogliatoio?
“Adoro le società organizzate e adoro quando mi lasciano esprimere. Ho sempre allenato in posti dove sentivo fiducia. Non so se è fortuna o bravura nello scegliere, ma non ho mai avuto questo tipo di problemi. Anche perché un matrimonio con una società del genere, con il carattere che mi ritrovo, non so quanto potrebbe durare…”
Hai un sacco di estimatori fra i tuoi colleghi/avversari: in Promo B sei fra i più votati!
“È una cosa bellissima, forse la più bella. Ricevere complimenti dai colleghi è motivo di orgoglio. Credo di avere strappato qualche voto in più grazie alla stagione che i miei ragazzi stavano disputando”.
E tu stimi qualcuno di loro?
“Sono contento che tu mi abbia fatto questa domanda… perché quando mi avete chiesto un solo nome per gli All Star Games sono andato in crisi. Ho fatto il nome di Guido Poggi, una persona splendida e un grande allenatore. Si nota la sua esperienza. Però stimo davvero moltissimi miei colleghi/avversari: vedo lati positivi in ognuno di loro, anzi: se devo essere sincero, cerco sempre di rubare qualcosa da tutti gli allenatori che conosco. A prescindere dalla stagione, dalla categoria e da tutto”.
Mentre qualcuno dice invece che non sai gestire le personalità forti… erano arrivate anche a te queste voci?
“Cado dalle nuvole! E pensare che la gestione del gruppo fosse il mio forte… anzi, la mia unica capacità (😂). Scherzi a parte, adoro i giocatori con forte personalità, chi non vorrebbe averne: purchè si mettano a disposizione della squadra. Accetto sempre complimenti e critiche: quando ci si mette in gioco, è sempre così“.
Qual’è l’identikit del tuo giocatore ideale?
“Ho in mente un ragazzo che ora non gioca più: Alessandro Poletto. Lo avevo con l’Arsenal Spezia, nel Termo e mi ha seguito con il Follo San Martino. Mi ha fatto anche da secondo al Canaletto, per il primo anno. Tecnicamente, è un giocatore validissimo (giovanili della Sampdoria, ho scoperto l’acqua calda…), ma soprattutto aveva una grandissima personalità in campo e fuori. E un cuore enorme. Lui è il mio identikit di giocatore ideale: personalità al servizio della squadra“.
In un mondo in cui, in caso di risultati negativi, l’allenatore è il primo capro espiatorio, mentre quando si vince è spesso l’ultimo a salire sul carro dei vincitori… tu che pensiero hai a riguardo?
“Ho la mia personalissima opinone a riguardo. Trovo giusto che quando i risultati non arrivano, i demeriti siano da attribuire soprattutto all’allenatore: siamo noi a gestire il gruppo, e se le cose non vanno come devono andare, la devi pagare. Questo perchè ha moltissima importanza al ruolo dell’allenatore. E quando le cose vanno bene, è giusto mettersi anche leggermente da parte, a favore del gruppo. Per quanto mi riguarda, le soddisfazioni intanto sono comunque dentro di me. E se non se ne parla, pazienza!“
Qual’è la stagione che consideri l’apice della tua carriera?
“Ho avuto la fortuna di vincere in tutte le categorie a cui ho partecipato: ho molte stagioni e vittorie nel cuore. Se devo sceglierne una soltanto… ti dico il primo anno con il Follo San Martino, perché avevo trovato dei dirigenti/amici incredibili, capitanati dal direttore Marco Baldini. Avevamo creato dal nulla un gruppo di ragazzi veramente stimolante.
Le emozioni più forti sono sicuramente state invece quelle da ragazzo, negli amatori, alla guida dei miei amici del quartiere. Abbiamo raggiunto la fase nazionale: non eravamo forse i più dotati tecnicamente, ma che cuore! Contro di noi era stata dura per tutti”.
E infine, per chiudere… cosa ti riserva il futuro? Dove ti vedi tra qualche anno?
“Andrò un po’ controcorrente… non credo allenerò ancora per molto. Le difficoltà a restare nel mondo del calcio non sono poche: cerco sempre di allenare vicino a casa, per la famiglia, il lavoro, per il bimbo piccolo. Non ho molto tempo dedicare al calcio. Per ora, mi diverto e vado avanti. E te lo dico con tutta sincerità: quando deciderò di smettere, lo farò con grande serenità. Perché sono felice di tutto quello che ho fatto, e lo rifarei con piacere. TUTTO“.