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Ogni mare del mondo ha il suo colore, la sua tonalità, la sua sfumatura che lascia intendere quello che che ci può essere sotto la superficie, anche se ogni mare ha anche i suoi abissi, i suoi misteri, i suoi luoghi nascosti che possono essere gelosamente protetti o generosamente svelati. AMEDEO DI LATTE è tutto questo, mondi inesplorati sotto una superficie azzurra, quella di due occhi che raccontano storie senza parlare. 

Che rapporto hai col mare, un’intervista con te non può non partire da qui. E’ vero che ‘ricorri’ spesso al mare?

“Un rapporto particolare…oggi ho visto una vignetta su un social che diceva cosa si farà dopo la quarantena. Tanti dicevano centri commerciali, bar, discoteche. Io andrò al faro di Andora per pescare in apnea e rigorosamente senza muta. A me piace l’introspezione e non c’è modo migliore di staccare dal mondo. C’è silenzio, sei solo con te stesso ed è un modo perfetto per pensare a tutto quello che è la tua vita, a tutti i suoi aspetti, alle cose belle ma anche agli errori perchè poi fondamentalmente è da quelli che si impara.” 

Secondo te hai fatto errori nella tua vita?

“Chi è che non li ha fatti… Non c’è nessuna vergogna nell’ammetterli e anzi è il primo passo per risolverli o per risolvere i problemi che la vita ti presenta. La consapevolezza è una dote importante. Consapevolezza di tutto. Dei propri mezzi, del proprio storico e anche dei propri errori. Parlando di calcio, per esempio, io dico sempre ai giocatori che ho conosciuto e con i quali ho rispetto che un giocatore si migliora se prima lavora sul suo essere uomo. Il migliorarsi come giocatore è solo una conseguenza. E per migliorarsi come uomo la prima cosa è riconoscere i propri difetti, perchè di conseguenza parti da un posizione privilegiata per poterti migliorare. Anche perchè così ti stai donando agli altri.”

Tu sei uno che si “dona” agli altri, non è vero?

“A me piace donare il meglio di me agli altri, ed è una cosa che continuerò a fare. Certo la vita ti porterà sempre a fare scelte. Credo tanto nel rispetto anche se negli anni mi sono reso conto che se tu pensi che le altre persone si comportino come tu fai con loro sbagli. A me piace donare il meglio di me agli altri, ed è una cosa che continuerò a fare. Certo la vita ti porterà sempre a fare scelte. Sta bene negli anni la capacità di capire quando e a chi è giusto aprirsi, a chi permettere di vedere cosa c’è negli abissi del tuo mare, visto che abbiamo iniziato con quella bella metafora o meglio a chi aprire. Anche se ti devo dire la verità?”

Dimmi…

“Abisso è una parola che non mi piace. Mi evoca qualcosa di oscuro, di negativo. Molto meglio profondità (risata, ndr)”

E nel calcio quali errori pensi di aver fatto? 

“Da giocatore di aver creduto poco in me stesso. Senza dubbio. Farà anche ridere, ma negli anni ho visto sia giocatori che allenatori che sembra che abbiano vinto tutto, Champions, Scudetti. Ma io mi rendo conto a posteriori che a 18/19 anni ero dentro a un mondo calcistico in un livello altissimo, e forse ai tempi non me ne sono reso conto. E magari ai tempi avrei dovuto rispettare un po’ di più il mio talento, credendo prima in lui e poi in me.

AMEDEO DI LATTE: “HO CREDUTO POCO NEL MIO TALENTO”

Da allenatore invece ti dico che per ora non ho rimpianti. Sempre dritto per i miei valori, consapevole che per arrivare a certi livelli bisogna avere i propri principi e credere in quella che è la propria idea. Sicuramente negli anni – partii da Alassio dalla Terza nonostante avessi richieste – sentivo di dover fare un certo tipo di percorso. E’ un qualche cosa che mi piace: conquistare, meritare…anche perchè la meritocrazia nel calcio di oggi è cosa rara.”

Amedeo Di Latte

Amedeo Di Latte e Gianluca Pagliuca

I tuoi maestri?

“Potrei citare Boskov perchè solo a vederlo passare trasmetteva qualcosa di iconico anche se con lui non mi sono mai allenato. Eriksson l’ho vissuto un poco di più, la sua signorilità e classe era una qualcosa di “internazionale”. Anche Caneo a Savona, Della Donna a Tortona o Salsano che ho avuto per due mesi. Parlavamo la stessa lingua.”

Allenatori portieri pochi…

“Ma sai… per quel che mi riguarda fino a 13 anni giocavo fuori, poi per un problema al cuore o abbandonavo o andavo in porta. Dopo un anno ero al Torino. Poi io ho finito presto proprio per colpa del mio carattere. Sentivo troppa mancanza di valori umani e rispetto. E andai a fare il centravanti con gli amici. Sembra una cavolata ma quell’esperienza mi servì per capire alcune cose. E’ stata un’esperienza da ridere ma formativa. Anche perchè io la facevo come la Serie A, non mi piace perdere, anche quando gioco a carte con mia figlia.

AMEDEO DI LATTE: “GLI ALLENATORI DICONO AI PORTIERI DI COMANDARE LA DIFESA”

Però una cosa che mi dicevano sempre gli allenatori quando giocavo in porta: “comanda bene da dietro tu che vedi tutto”. E allora forse quello che si dice sui portieri che poi si mettono ad allenare non è così vero. Da dietro vedi gli inserimenti, vedi tutto… Non è che non sia d’accordo, per carità, le statistiche dicono quello che dici tu. Però magari non è così vero. Io poi ero un portiere si ma preferisco definirmi  un ex portiere anomalo: un ex portiere-attaccante”

Giocatori da cui hai appreso per la tua carriera da allenatore?

“Mancini era un allenatore in campo. Aveva già la stoffa, dava consigli a tutti, giovani e non. Quando ero a Livorno, Stefano Da Mommio il capitano. Piccolo aneddoto: Con lui mi sento ancora oggi. Io arrivai a Livorno dalla Primavera. Una piazza fantastica. Al primo torello facevo lo “scemo”, provai a fare un tunnel al capitano. la prima palla che toccai dopo quel tentativo mi fece un’entrata di quelle che non si scordano. Ma in quell’entrata c’erano tante cose. La  vidi come il primo insegnamento e per certi versi anche per un istinto di protezione nei miei confronti. Ero passato da un mondo a un altro. Lo stesso Carli era uno di quelli che in campo dava tutto. Mediano che rincorreva qualsiasi cosa. Ti davano un esempio non solo calcistico ma anche di vita che a posteriori capisci.”

Dei giocatori che hai allenato?

“Tutti ti danno qualcosa, anche diciamo nel “male”, cioè quelli con cui magari non sei riuscito a creare un rapporto un po’ più aperto. Ovvio che ci sono ragazzi che hanno capito che si possono migliorare anche a 35 anni, cosi come ci sono quelli che hanno capito che fare dei giusti movimenti e imparare qualcosa di nuovo, di bello e avere un bagaglio migliore dal punto di vista tattico magari era più importante che fare un gol. Una gratificazione bella potrebbe essere da Gandolfo o vedere delle giocate di Battaglia, però aver avuto a che fare con giocatori come Rossini o ragazzi giovani come il Martignago della situazione o Cais… devo dire la verità che fa piacere sentirli ancora e soprattutto sentirsi dire che li ha i migliorati dal punto di vista umano. 

AMEDEO DI LATTE: “TUTTI TI DANNO QUALCOSA, ANCHE NEL ‘MALE’ “

Tra tutti quelli che ho allenato ti faccio due esempi senza che i tanti altri mi vogliano male: l’emblema di volersi migliorare per me è uno come Moraglio cosi come il già citato Gandolfo. A lui dissi: “se mi ascolti ti porto a fare più di 50 gol”. Vinsi una cena che devo ancora consumare, anche se in realtà un panino me lo ha pagato.”

Amedeo Di Latte

Amedeo Di Latte e l’Alassio dei record

Nota a margine. Hai allenato tuo cognato?

“Ti racconto un altro aneddoto. Prima partitella che lo alleno, ad Albenga in un campetto, abbiamo fatto un’esercitazione. La prima palla la calcia a 70 metri. Io fischio e gli dico che se era abituato cosi, con me sarebbe stato diverso. Con me la palla la devi giocare. Questo per far capire che è sempre stato un rapporto super onesto, rispettoso dei ruoli e molto professionale. E non è facile quando hai un rapporto di parentela. Lui a casa sua ha la maglia del Genoa col suo nome. Eppure lui lo vedi allenarsi nei dilettanti con una professionalità incredibile. Poi alla fine per lui parlano i numeri, perchè poi alla fine parlano i risultati. E se mi posso permettere, visto che mio cognato in settimana sui vostri “schermi” è stato citato vorrei aggiungere che mi sarebbe piaciuto allenare Rosario Granvillano, perchè era un piacere vederlo giocare. Figuriamoci allenarlo.” 

Parlando di Cais o Martignago sei andato sulla tua esperienza ad Albissola. Più positiva o negativa?

“Bellissima e che mi ha dato la possibilità di confrontarmi o con giocatori e allenatori importanti. Prima Fabio Fossati del quale ho sempre stimato il percorso personale e poi con Claudio con in quale ci legava un’amicizia passata, che all’improvviso è ritornata nelle nostre vite. Il fatto che la società avesse scelto lui ha influito sul mio essere rimasto ad Albissola. Quando hanno mandato via Claudio mi son trovato davanti a una scelta. Avrei dovuto fare il corso UEFA A come d’accordo col presidente ma, una volta esonerato Bellucci, chiesi al presidente di essere esonerato come per rispetto verso Claudio e la nostra amicizia. Il presidente nonostante avesse dei progetti per me, cosa che mi diceva sempre, ha accettato, seppur a malincuore, in modo davvero rispettoso.”

Rapporto con Claudio (Bellucci)?

“Ci siamo sempre detti le cose in faccia in modo costruttivo e rispettoso. Anche in questa stagione ci siamo sentiti spessissimo, quasi una volta alla settimana, e da parte di entrambi c’è la gioia e la voglia di poter stare insieme ma anche la possibilità che ognuno possa prendere in considerazione eventuali situazioni personali pur con la consapevolezza di aver la gioia di lavorare insieme. Sono grato di avermi insegnato tantissime cose e avermi portato a vedere e conoscere certi allenatori come Ulivieri, accrescendo il mio valore di allenatore. Anche perchè lui è molto esigente nel suo lavoro e quindi anche di quello dei suoi collaboratori. 

Amedeo Di Latte

Amedeo Di Latte e Claudio Bellucci

Ma come lo vivi il calcio, per esempio: chi è un allenatore che “vorresti essere”?

“Che vorrei essere nessuno. Ma mia moglie, che è fondamentale nella mia vita, quando vede Klopp in televisione mi dice che c’è mio fratello maggiore. Penso che Klopp sia quanto più si avvicini al mio modo di intendere il calcio.

AMEDEO DI LATTE: “KLOPP E’ QUANTO PIU’ SI AVVICINA AL MIO MODO DI INTENDERE IL CALCIO “

E non per i suoi successi ma per come lo vive. Ti racconto un altro aneddoto: quando ero a Taggia ci fu una partita in cui le squadre avversarie arrivavano sempre un po’ altezzose. All’epoca eravamo in Prima Categoria. Arrivò una squadra tutta agghindata, col pullman, con giocatori di livello, e quando scesero dal pullman guardarono il campo e i miei ragazzi in maniera un po’ supponente. Prima del discorso pre-partita presi un vasetto vuoto e lo riempii con le pietre del campo che c’erano a Taggia. Alla fine dei discorso tirai fuori questo vasetto e dissi al mio capitano di andarlo a regalare alla squadra avversaria come ricordo a fine gara. Ovviamente vincemmo quella partita.”  

In conclusoine: cosa pensi del tuo cammino finora?

“Di certo il mio percorso, che mi rende orgoglioso perchè sono partito dalla categoria più bassa, mi ha reso consapevole dei miei mezzi ed ora so quello che cerco. E sicuramente ho capito che una cosa importantissima è decidere COME voler far carriera anche grazie al confronto con chi ha vissuto le categorie importanti. Una persona che cito ora è Marcolini che per la mia crescita è stato fondamentale dispensandomi consigli laddove non era tenuto a farlo, ma i grandi uomini sono così. Si donano. Ho letto sul vostro sito quel grande maestro che è Soldano e sono d’accordo con lui sul fatto che il calcio ti dona tante conoscenze, persone belle o brutte non importa, sono tutti accrescimenti. Il calcio è logico che mi manchi, soprattutto per chi lo vive come me, manca come oggi uscire di casa. Ma ad oggi ho la serenità della consapevolezza, del come voglio continuare sia dal punto di vista etico che professionale.”

 

L’UOMO DEL GIORNO: la nuova rubrica di Dilettantissimo! Un’intervista al giorno ai volti noti del calcio dilettantistico ligure. Oggi è stato il turno di… Nicola Ascoli.

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