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L’intervista a Marco Luciani realizzata da Dilettantissimo.

 
Quando nasce l’idea di costruire la JAMES?

«La James è nata dalla mia passione per il calcio che da sempre ho. Un giorno cercavo un corso allenatore ed è uscito la Juventus academy a Torino. Da grande tifoso bianconero ho frequentato tutti i corsi della prestigiosa Juventus Academy andando spesso a Torino. In quelle occasioni ho conosciuto un grandissimo mister, Attila Malfatti. Per chi non lo conoscesse è stato per 14 anni nel settore giovanile della Juventus ricoprendo con ottimi risultati diversi ruoli, prima di passare allo Sparta Mosca con Massimo Carrera diventando campione di Russia e Vincendo la super coppa. In Champions League si è tolto la soddisfazione di pareggiare con i futuri campioni del Liverpool per 1-1 e vincere a Siviglia per 5-1».

Che incidenza ha avuto nel tuo percorso Malfatti?

«All’epoca allenavo il Pieve Ligure e tra i giocatori a mia disposizione c’era anche suo cugino.
Tutte queste piccole “coincidenze” mi hanno dato l’opportunità di entrare maggiormente in contatto con lui e di imparare malizie e segreti del mestiere di allenatore».

Ma torniamo alla domanda originale quando nasce la JAMES?

«Nel 2014 nasce a Genova la James. Sin da subito e per 6 anni abbiamo ottenuto grandissimi risultati. Non mi riferisco tanto alle vittorie, ma alla soddisfazione di aver visto quasi 30 giocatori partire da noi per approdare nelle squadre professionistiche. Se non è un record poco ci manca.
Ora facendo una riflessione a bocce ferme posso affermare che il mio lavoro dietro alle quinte è stato fondamentale».

Quali sono le tue caratteristiche che ti hanno permesso di ottenere questo risultati?

«Penso che il mio carisma, e la passione siano stati determinanti per coinvolgere tutti i componenti della società e portarli a credere nel progetto di scuola calcio che avevo in testa dopo essere stato Juventus Accademy».


In un percorso oltre ai successi ci sono degli errori. Giusto?

«Hai ragione e come tutti quelli che provano a fare qualcosa di nuovo anche io li ho commessi, ma è importante sbagliare “sano”. Comunque nella mia testa e nelle mie affermazioni ho sempre sostenuto che la cosa più importante alla james sono i ragazzi/bambini».

Si può dire che il segreto della James sia stata la formazione degli allenatori?

«Si, il segreto della Jems è stata la formazione. In questi anni avere collaborato con squadre come Juventus e Torino e avere la possibilità/fortuna di frequentare allenatori che lo fanno di professione è stato fondamentale e molto stimolante per i mister della James, ma soprattutto per il sottoscritto».

Se guardi al passato cosa pensi di aver imparato e trasmesso grazie a quella formazione sportiva a Torino?

«Io, da sempre, ho un dono che mi ha permesso di fare bene anche nella mia professione.
Guardando imparo e memorizzo tanto con molta facilità. Poi, dopo aver appreso e sperimentata, ho facilità nel trasmettere ai miei collaboratori e in questo caso ai mister della James.

Ti racconto un aneddoto: un mister titolato un giorno, aveva utilizzato 4 difensori schierandoli in campo fermi a coprire gli spazi sul terreno di gioco, ma di fatto per me rappresentavano delle sagome che potevano essere sostituiti da paletti. I compagni di squadra avevano il compito, nell’esercizio propostosi dal mister, di puntarli effettuare un dribbling e tirare in porta.

Quei ragazzini posizionati sono stati fermi per 30 minuti. A fine allenamento lo feci notare al mister, ma lui negò. Avevo registrato l’allenamento, e feci vedere il video all’allenatore dell’inizio e della fine dell’esercizio con l’orologio. Il giorno dopo comprai 4 sagome e gli dissi: “Mister ti ho comprato 4 sagome, così non tieni i ragazzi fermi”. Solo dell’opinione che un giocatore si costruisce. In serie A o tra i professionisti non ci arriva chi ha solo il talento puro, e aggiungo che il talento va comunque allenato».

Si può dire che sul campo tu sia un martello di intensità?

«Sono un allenatore moderno, applico allenamenti con un’intensità alta. Vera intensità alta , lo sottolineo.
Comunque cerco sempre di migliorare, se la mia squadra non non raggiunge l’obiettivo non do la colpa ai ragazzi, ma mi faccio una domanda e dico: dove posso migliorare? Per me si gioca come ci si allena. Prediligo il possesso palla. Nel limite del possibile le mie squadre devono avere la palla nei piedi, e aggiungo una piccola parte a secco per alzare il livello di performance del atleta.

Uso un sistema di lavoro che ho imparato da Juve e Torino. Ho creato anche un un software , assistant-coach , che serve per monitorare l’obiettivo del l’allenamento e in automatico migliorare l’atleta. Il fatto che una società di serie A, della quale non posso fare il nome, lo stia valutando per utilizzarlo nel proprio team mi rende orgoglioso.

Perchè hai detto addio alla James?

«Ho lasciato il Little Club James , perché volevo allenare la prima squadra. Non lo nascondo, ma il prossimo anno andremo incontro ad una stagione difficile. A seguito del Covid-19 ci saranno pochi soldi, e la soluzione migliore è valorizzare i ragazzi della juniores con aggiunta di qualche buon giocatore di esperienza in prima squadra che trainasse i giovani e gli desse la possibilità di crescere.

Avrei accettato anche un ruolo diverso con l’obiettivo di portare più ragazzi della juniores in prima squadra. Quest’anno tutto ciò non è accaduto e hanno scaricato sul mister, dicendomi: “Noi non sapevamo. È stato il mister che non li voleva…”. All’unica riunione di maggio mi è stato assicurato, dai dirigenti della società, che sarei stato coinvolto nella scelta del nuovo mister. L’allenatore sarebbe stato scelto anche in funzione di valorizzare i ragazzi della juniores con lo scopo di farli esordire e giocare in prima squadra. Invece mi hanno chiamato a cose fatte. Hanno deciso la scelta della guida tecnica della prima squadra senza interpellarmi, senza la possibilità di conoscerlo e di poterci fare due chiacchiere. La scelta è ricaduta su un allenatore che arriverà con un seguito 5/6 giocatori di sua fiducia.

Ho capito che anche per questa stagione non si sarebbe potuto sviluppare il progetto che avevo in testa valorizzare il nostro settore giovanile. Da lì la mia scelta di andarmene consapevole che se fossi rimasto la colpa sarebbe stata un po’ più su o un po’ più giù, ma non si sarebbe identificato il responsabile.
Quindi ho tolto il disturbo, il calcio per me va interpretato in maniera diversa.

Futuro?

«Ora mi aspetta un grande sfida , una sfida nuova lontano dalla James. Ho una mentalità vincente e sceglierò una società vincente che mi permetterà di portare avanti le mie idee calcistiche, ma non voglio più avere compiti dirigenziali. Mi piacerebbe solo allenare. È chiaro che se mi chiederanno consigli darò la mia opinione, ma voglio solo allenare».

Hai anche collaborato con l’Albissola in prima squadra, in serie C. Con il tuo arrivo la squadra ha avuto una scossa che le ha permesso di raggiungere risultati importanti.

«È vero ma è un discorso un po’ lungo. Io collaboro con una associazione di mental coach per atleti sportivi che ha il fine di aiutare l’atleta ad allenare la mente e non solo il fisico. Con la mente non si scherza, uscire dalla zona confort non è semplice. Ho collaborato con l’Albissola in serie C. Nella partita Albissola – Pisa, in quell’occasione ho notato sin da subito un atteggiamento perdente. Si intuiva già prima di iniziare che la gara avrebbe avuto un esito negativo.

Era il linguaggio del corpo a dirlo. Testa bassa, mancanza di quell’atteggiamento da combattente. Insomma c’erano diversi comportamenti che lo facevano vedere. Quindi con mister Massimiliano abbiamo ripreso e realizzato un video che abbiamo fatto vedere ai giocatori in una successiva riunione tenutasi il giovedì nello spogliatoio. Furono 32 minuti dove ho fatto vedere le cose positive della squadra, ma anche gli atteggiamenti sbagliati. Feci notare che si trovavano nella zona confort.

Per salvarsi, dovevano uscire da quella zona. In effetti il periodo non era dei migliori. La squadra veniva da 7 sconfitte e 1 pareggio nelle ultime 8 partite, con 14 reti subite e solo goal 1 realizzato. Dopo il mio intervento nello spogliatoio con tutti i giocatori e lo staff si arrivò a disputare la partita di sabato. I ragazzi giocarono con il Siena. Vincemmo 3-2 con un atteggiamento superlativo. Il mercoledì successivo si pareggiò a Cuneo con il Cuneo che era uno squadrone e il saboto dopo altro pareggio con la Lucchese.

L’ALBISSOLA sul campo si salvò in anticipo di una giornata.
Sicuramente gli ho fatto capire che se cambiavano atteggiamento avrebbero cambiato il risultato.
Allenare la mente è fondamentale. Tutto il contenuto della riunione l’ho registrato e ogni tanto lo risento volentieri perché è stato il mio battesimo tra i professionisti!».

 

 

 

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