La dignità prima di tutto, la consapevolezza poi. Mentalità e un carattere forte. Una corazza robusta, di chi ha vissuto nel calcio praticamente da sempre. Il potersi permettere di dire tutto, perchè non si hanno segreti, del resto quando il tuo maggior pregio corrisponde al tuo più grande difetto ed è quello di dire sempre e comunque la verità non c’è bisogno di nascondersi dietro alle dita di una mano. Stefano Risaliti è tutto questo, certo. Ma anche molto di più perchè spesso più dura è la superficie, più profondo e grande è il cuore che deve proteggere. Cuore, che in questo caso è sinonimo di passione, quella per il calcio, il filo conduttore della vita di uno degli imprenditori più vincenti del nostro pallone che però è molto di più di tutto questo.
Gli inizi da giocatore, Risaliti e “quelli del campo”. Le litigate con gli allenatori e le scelte tranchant, il fil rouge nella sua carriera prima da giocatore, poi da allenatore fino all’essere dirigente e presidente. Una vita dedicata al pallone.
“E’ da quando sono bambino che sono nell’ambiente del calcio. Ho giocato 20 anni, ho allenato 20 anni e il resto li ho passati da dirigente prima, da presidente poi. Qualche riflessione sul calcio dopo una vita del genere ovviamente la fai.”
E allora Pres partiamo subito forte? Cosa ne pensi della situazione e come credi che si debba risolvere?
“Credo che si debba riflettere e usare il cervello ma allo stesso tempo mi rendo conto sia una situazione che non era mai capitata prima. E’ un po’ come se fosse scoppiata una guerra per certi versi. Una situazione paradossale e non mi riferisco solo al mondo del calcio. In questi giorni e anche ora sono qui in casa che mi scervello leggendo i giornali e sentendo persone del calcio per cercare di capire, anche se credo che ci sia poco da capire.
Stefano Risaliti: “Del calcio non mi stancherò mai finchè avrò respiro”
Mi viene da dire per fortuna che c’è il calcio, che è uno sport praticato da giovani e che per certi versi ti tiene vivo e ti fa credere anche di essere tornato indietro nel tempo. E del quale non mi stancherò mai finchè avrò respiro. Per tornare al sodo, però, credo che non si ripartirà, almeno al nostro livello. Ora si sta un po’ tergiversando ma perchè credo che si aspetti di vedere cosa succede magari nei campionati di livello più alto, ma onestamente la vedo molto dura.”
Non sarebbe una beffa per voi (Sestri Levante, ndr)?
“Qui ovviamente nascono i problemi. Rimango in casa mia e penso al campionato che abbiamo fatto. Siamo stati praticamente sempre in testa, e per cinque minuti di follia abbiamo perso il primato proprio prima della sosta forzata. Non solo. Abbiamo vinto la Coppa Italia Regionale. Nella gara di andata della fase nazionale in Piemonte con cinque assenze importanti abbiamo vinto 3-0 ipotecando gli ottavi di finale. Come ben sai questa competizione dà diritto alla promozione ma non solo: spesso ti basta arrivare alle semifinali perchè le squadre che arrivano in fondo tante volte sono anche quelle che vincono i propri gironi liberando il posto.
Stefano Risaliti: “Considerare il girone d’andata sarebbe uguale per tutti, congelare la classifica non è uguale per tutti”
Congelare la classifica e promuovere solo la prima non sarebbe tanto giusto, ma non lo dico perchè sarei beffato da questa situazione. Noi eravamo in corsa per tutti gli obiettivi: campionato, che secondo me avremmo alla fine vinto, Coppa Italia Nazionale e anche al limite il discorso secondo posto che porta a fare gli spareggi. Io gli spareggi li ho già vinti una volta con la Caperanese, alla fine sono due gare di andata e ritorno e credo che ce la saremmo potuta giocare con chiunque. Quindi congelando la classifica non mi dai neanche questa possibilità.”
E’ un argomento estremamente difficile da considerare?
“Se devo essere “matematico” considero solo il girone di andata. Noi abbiamo 49 punti e non so quante seconde in classifica in Italia a questo punto del campionato abbiano questi punti. Anche se credo che la scelta che accontenti tutti onestamente non esista. In questi giorni mi sono sentito con il Presidente Giulio Ivaldi, persona pacata e competente, e abbiamo fatto due discorsi su come sia una situazione difficile e che non può mettere tutti d’accordo. La soluzione giusta, visto che devi prendere la classifica dell’ultima partita, visto che impedisci alla seconda classificata di giocarsi gli spareggi, visto che eravamo in corsa con la Coppa, potrebbe essere quella di far salire le seconde, fai un girone in più di Serie D, invece da 18 lo fai da 20 e fai salire le seconde.
Stefano Risaliti: “Non credo ci sia una soluzione che accontenti tutti”
Il calcio subirà una metamorfosi epocale. Si tornerà ad allenarsi la sera, spariranno squadre. Il calcio che abbiamo visto fino a Natale è finito. Magari tra cinque anni si parlerà la stessa lingua di adesso. Abbiamo già difficoltà a trovare gli sponsor in regime normale, immagino in una situazione come quella di oggi. Come faccio io ad andare a chiedere dei denari a chi mi ha dato una mano finora? Io proprio non me la sento. Mi dispiace perchè qui a Sestri si era ricreata una situazione di entusiasmo particolare. Poi Sestri è una piazza incredibile.”
Una piazza unica vero, anche per un Chiavarese doc come te?
“Tu negli anni avrai avuto modo di conoscere l’ambiente. La squadra che rappresenta la città è seguitissima e ha un bacino di utenza di molto superiore a squadre che sono in categorie superiori.”
Il riferimento è chiaro o sono io che sono giornalista e pensa male (risata, ndr)?
“No, parlo della Serie D, mi riferisco a realtà dignitosissime come Ligorna o Lavagnese che non fanno neanche lontanamente i numeri del Sestri Levante.”
Io pensavo ti riferissi all’Entella, ma non lo dico per punzecchiarti
“Però l’hai detto (ride, ndr). Scherzi a parte. Io sono legato da una sorta di cordone ombelicale con l’Entella. Sono nato a 40 metri dal Comunale, da ragazzo con i miei amici andavamo a giocare al campo nello spicchio della pista di atletica facendo le porte con le cartelle o le magliette. Fino all’avvento di Gozzi è stata una società della dimensione della Lavagnese o di quelle del comprensorio e quindi i tifosi son quelli lì, perchè gli altri sono o genoani o sampdoriani. Gozzi sta cercando di cambiare questo trend ma per fare calcio ai livelli che vuol fare lui deve andare in altre piazze. O se no fa quello che sta facendo, ovvero la storia di una città e di una società sapendo che da quel punto di vista, quello dei tifosi, ha già fatto più che un miracolo. L’utenza sarà sempre la solita.”
Sestri è un’altra cosa?
“Obiettivamente il seguito che ha il Sestri anche rapportato alle categorie che ha fatto è un qualche cosa di incredibile e unico in tutto il Tigullio. Anche perchè è radicato, tramandato, coltivato negli anni e soprattutto che negli anni ha sempre avuto un ricambio generazionale. Voi avete imparato a conoscerlo e penso che sarete d’accordo con me quando dico che il Sestri Levante è un’altra cosa. Non dico meglio o peggio, ma un’altra cosa.
L’anno che abbiamo vinto gli spareggi di Serie D allo stadio venivamo 1500 persone, che poi, se ci pensi, lì la scalogna del Sestri è aver avuto Risaliti presidente (risata, ndr) anzichè magari uno come Gozzi. Noi avevamo guadagnato sul campo la Serie C ma affrontare un ripescaggio senza di fatto niente per poter fare una categoria professionistica sarebbe stato un suicidio. Senza strutture, senza indotto, con limiti finanziari, senza settore giovanile. Avevo ritenuto, credo con cervello, che una scelta come quella potesse far scomparire il Sestri Levante.
Solo per farti un esempio, quando sono arrivato io il settore giovanile era disastrato. Avevamo una sessantina di bambini e ancor grazie che c’erano. Anzi li ringrazio. Ma vai a fare gli allievi nazionali magari contro squadre come la Cremonese con cosa? In Serie C il binomio strutture-settore giovanile è troppo importante. Pensa al Pontedera: potrebbe essere una realtà come il Sestri ma quanti anni è che fa la Serie C. Sono una decina di dirigenti non di più, alcuni molto preparati per carità, hanno le strutture e qualcuno di loro è molto competente.”
Oltretutto in Toscana sono anche più società e a differenza di qua, là si aiutano. Qui in Liguria invece c’è tantissima concorrenza perchè ci sono meno squadre dove convogliare i “prodotti” del settore giovanile. Penso al Genoa e alla Sampdoria.
“E anche all’Entella. L’Entella negli anni ha messo su un’organizzazione di settore giovanile che non ha niente a che invidiare a Genoa e Sampdoria. Anzi, pensandoci bene e analizzando tutte le situazioni credo che per certi versi possa essere addirittura superiore ora come ora alle due genovesi, conoscendo chi lavora all’Entella e come ragiona. Però capisci che in un comprensorio di 100 km, perchè noi siamo a metà tra Genova e Spezia, ci sono due squadre di Serie A, due di Serie B e diverse di Serie D, tutte con rispettivi settori giovanili. Mi spieghi come fai a fare settore giovanile? Da una parte si è sicuramente alzato il livello del calcio ligure, dall’altra parte a livello di settore giovanile, che poi è l’aspetto principale per la vita duratura di una società tipo la nostra, diventa un problema farlo.
Stefano Risaliti: “il livello del calcio ligure si è alzato.”
I migliori giocatori, che escono una volta ogni tanto è facile che siano allettati ad andare altrove. Comunque a parte tutti questi discorsi e tornando al nocciolo della questione, io credo che se la federazione fa una valutazione globale di certi casi perorerà sicuramente la nostra causa considerando anche che ci saranno ben poche squadre che si iscriveranno, soprattutto in Serie D dove son solo costi. Sono convinto che avremo un portavoce importante e che conosce molto bene la situazione come il dottor Ivaldi che mi ha dato l’impressione anche di essersela presa a cuore la nostra situazione perchè siamo stati penalizzati da matti, del resto eravamo in corsa su tutti e tre i fronti per andare in Serie D.”
Professionalmente e calcisticamente tu sei nato nel grembo di mamma Entella?
“Si… anche se poi come dice il proverbio nessuno è profeta in patria. E per me è stato così, sia da giocatore che da allenatore. In vent’anni da allenatore l’unico anno in cui son stato esonerato è stato proprio all’Entella. Roba da matti (risata, ndr). E da giocatore ho esordito a 17 anni in Serie D, quando non c’era la regola dei giovani. Giocavo con giocatori come Comini, Favara, Cristin. Loro erano a fine carriera, io agli inizi, però a quell’epoca anche gli allenatori erano un po’ condizionati dai senatori. Poi Chiavari ha una differenza sostanziale da Sestri: Sestri ha nel suo DNA il godere nel andare la domenica alla partita e vedere anche tutti gli 11 in campo di Sestri Levante. Chiavari era l’esatto contrario.
Stefano Risaliti: “A Sestri godevano a vedere tutti sestrini in campo. A Chiavari era l’esatto contrario”
Te lo dico perchè io ho fatto tutta la trafila di settore giovanile all’Entella, capitano in tutte le leve, anche quando ho esordito in prima squadra della mia leva c’era Eugenio “Tatti” Copello, Cereghino che era un giocatore straordinario, Vassalli il portiere, ed eravamo tutti di Ri. Incredibile. Abbiamo fatto le finali juniores nazionali a Giulianova, perdendo solo col Giulianova che poi vinse il campionato italiano. Degli 11 che giocavano 6 o 7 non solo erano di Chiavari, erano proprio di Ri. Ci chiamavano “quelli del campo” perchè eravamo cresciuti lì, al Comunale. Io, Barbieri, Cereghino, Vassalli, Cella, Genivolta. Cosa che non si è più verificata. Ma anche da giocatore non è che abbia avuto una grande storia con l’Entella.”
Sei dovuto “emigrare” anche da giocatore?
“Esordii a Canelli in Serie D, poi dopo sai… io sono una testa fatta a modo mio. C’era la Beretti nella quale ai tempi c’erano sempre anche squadre professionistiche. Ti racconto un aneddoto: avevamo vinto 1-0 col Torino, gol di Charlie Oneto, che poi andò alla Cavese. Un ragazzo bravo come il pane, che è scomparso qualche anno fa. Era venuto negli spogliatoi il mister della prima squadra e mi convocò per il giorno dopo che l’Entella doveva giocare col Derthona. Io gli dissi che dovevo andare a sciare con la mia ragazza (la sua futura moglie, ndr) e il giorno dopo con la mia sgangherata 500 andai a Prato Nevoso a sciare.”
E come mai?
“Non è che volessi fare lo sbruffone o il presuntuoso. A quei tempi lì in prima squadra ci andavi in due o tre e ne entrava uno solo. Al mercoledì mi faceva sempre allenare con loro e giocare nella partitella coi titolari. Poi la domenica non vedevo mai il campo. Certo, nel mio ruolo c’era Comini che aveva giocato in Serie A. Aveva 36 anni, era piccolino. Io 17 e un fisico esuberante. A quei tempi lì però solo l’esperienza che aveva valeva tantissimo me ne rendo conto. Ma sai… fammela una volta, fammela due, fammela tre e alla fine non ci ho più visto. Dopo quella volta lì, Baveni mi convocò negli spogliatoi e mi disse: “avresti potuto aver già fatto 6 o 7 partite” ma io gli dissi che non ero la sua pezza da piedi. Tra l’altro io sono tedesco e lo sono sempre stato. Ero uno regolarissimo. Mi allenavo, quando giocavo, al Sabato non dico alle 21.00 ma entro le 23.00 dormivo. Non andavo a fare le serate, perchè le serate si facevano anche ai tempi. Anche negli ultimi anni a Moneglia in Prima se dovevo giocare son sempre stato serio e professionale, per essere a posto con me stesso.
Stefano Risaliti: “Il senso del dovere mi ha sempre accompagnato, non solo nel calcio”
Il fatto di essere sempre a pennello e non essere mai considerato mi dava ai matti. Quell’anno lì c’era la Rivarolese in Serie D, una delle due punte era Barison, giocavamo in casa in anticipo al sabato. C’era Comini che non riusciva manco a camminare ma piuttosto che farlo giocare ha messo in campo lui. Pensavo di entrare perchè non avrebbe retto tutti i 90 minuti, ma non mi fece entrare neanche in quell’occasione. E tra l’altro c’era la bonanima del presidente Chiesa che stravedeva per me e voleva a tutti costi che io giocassi. Ma niente. In tutti i settori giovanili ci sono quei due o tre che fanno tutta la trafila. Io mi trovavo in rappresentativa coi miei coetanei del Sestri come Willy Bottaro e Tullio Beccatini, loro erano titolari nel loro club, io no. E allora poi litigai con il buon Chiarotto dopo un’entrataccia in allenamento su un mio compagno, arrivammo alle mani e mi auto-squalificai. Me ne sono andato diciamo sbattendo la porta e di lì ovviamente croce sopra. Andai in Promozione nella Lavagnese. Poi ho avuto la fortuna di giocare sempre in squadre che puntavano a vincere. Lavagnese, con la quale retrocedemmo ma risalimmo subito. Poi al Bacezza, dove ho fatto un derby con l’Entella… Non ti dico… C’erano 1000 persone… Me ne son tolto sassi dai piedi.”
Insomma mai banale… Neanche da giocatore. Poi come fu il passaggio da giocatore ad allenatore?
“C’era Franco Celeri che stravedeva per me. Aveva vinto l’appalto per costruire il campo in erba a Leivi. Noi avevamo una squadra con Balsamo, Dall’Orso e un po’ di gente del posto con cui facevamo i tornei estivi e Celeri oltre al campo voleva anche fare una squadra che partiva dalla Seconda e tirammo su una squadra fuori categoria: Celeri, suo figlio, Pescaglia e tanti altri. Una squadra da Eccellenza. Ma persi nel reclutare gente non c’era l’allenatore e visto che io ero quello un po’ più carismatico feci giocatore-allenatore. Vincemmo la Seconda ed ebbi il diritto di partecipare al corso allenatori che feci l’anno successivo.”
Con chi hai fatto il corso?
“Di professionisti c’erano Scanziani, Podavini e Agostinelli. Al pre-esame capito in coppia con Scanziani. Sembravo io quello di Serie A! Glielo menavano tutti. L’ho fatto con Mino Armienti che non riusciva a fare tre palleggi, c’erano Ghedin, ex della Lazio, e Franco Ferrari. Armienti ha passato il pre-esame per via di Ferrari che agli istruttori ha fatto notare come Armienti aveva fatto 10 anni di Serie D. Lo abbiamo fatti al Circolo Merlino. C’era anche Maisano, c’era Borri. E poi c’era un certo Zani che era avvocato che giocava tipo nel Bogliasco, una persona culturalmente di un’altro pianeta.”
E il passaggio allenatore-dirigente?
“Io avevo allenato il Cicagna. Ci sono stato cinque anni ma dopo un po’ non me la sentivo più e dissi alla società che avrei smesso indicandogli come mio successore Andrea Dagnino che già da giocatore si vedeva che di pallone non poteva non capirne. Non ne avevo più voglia. Entrai a far parte dal Vallesturla, dove avevo allenato tanto in precedenza. Sono stati gli anni più belli. Col passare degli anni aveva visto varie fusioni, poi entrai con Vallarino e Cassinelli. C’era allenatore Cassinetto, e io e Cassinelli eravamo DG e DS. Cassinelli era stato un mio giocatore. Era il 2005-2006, l’anno dopo son rimasto praticamente da solo perchè ero andato in contrasto con Vallarino che si era defilato. Però stava per sparire l’Entella per la seconda volta e io e mio cugino l’abbiamo tenuta su dopo una famosa serata nella mia taverna, mi ricordo che c’era anche Caraffini e avevamo inserito anche Silvano Solari.”
Comincia lì la tua scalata verso il grande calcio?
“Direi di sì. Affidammo la squadra a Celestini. Pensa che lo chiamammo che era giù al matrimonio della figlia, piantò tutto e venne subito su. Era il 2006-2007. Ma quell’anno lo perdemmo perchè lui entrò in contrasto con Alberti. Attaccante fortissimo ma problematico, Lo mandammo via, riuscimmo a centrare gli spareggi ma con l’Asolo non passammo il turno. Davanti c’erano Di Dio e Mimmo Ruocco. Ma Alberti, con tutto il rispetto, era un’altra cosa.
Stefano Risaliti: “E’ inutile che vada a discutere, tanto poi voglio fare come dico io”
Quell’anno lì ero riuscito a contattare Gozzi anche per via del mio lavoro. Ero riuscito a buttarlo dentro e l’anno dopo è quando è successo quel casino. Celestini se ne andò e rimanemmo io e Antonio. Arrivò Terzulli che fu il motivo per cui mi allontanai dall’Entella. Rimasi in quella stagione e vincemmo il campionato. Io a fine stagione prima mi allontanai, poi me ne andai. Gozzi da grande imprenditore qual’è ha difeso giustamente la sua prima scelta, anche perchè di fatto aveva vinto il campionato. Io ho il maledetto vizio di dire quello che penso. Da dirigente poi ero sempre stato abituato a dirigere io le fila. E’ per quello che poi successivamente ho sempre voluto fare il presidente. Mi sono detto: “è inutile che vada a discutere perchè poi tanto voglio fare come dico io”. A Gozzi dissi le cose come stavano, quello che pensavo del mister. Gli dissi di non preoccuparsi e che mi sarei defilato. Me ne sono andato a Caperana portandomi dietro i giovani che Terzulli non vedeva.”
E a Caperana richiami Celestini!
“Eh si perchè lui stava già mezzo parlando con la società e allora ne approfittai. Nonostante i trascorsi burrascosi. Ma io e Celestini abbiamo un rapporto di amore e odio. Ma un rapporto vero. Non capii mai perchè fece quello che ha fatto l’anno prima. Se la prese con l’unico che era dalla sua parte, perchè anche se c’erano Vallarino e Gozzi l’ultima parola l’avevo io. Ma sai anche cosa? Non ne parlai più con lui. Perchè quando nacque il discorso lo fermai subito. Ormai era il passato e lui aveva capito che aveva sbagliato. Lui mi disse che aveva capito dopo e io gli dissi di non parlarne più. Io sono così.
Celestini è uno che ti fa vivere il calcio a 360°, come piace a me. Anche l’anno scorso a Sestri l’unico che lo ha voluto e difeso sono stato io. E anche Raffo, un grande amico, che aveva già vissuto Celestini a Caperana. Ma la mossa di prenderlo non fu ben digerita dalla piazza, per degli screzi di anni prima. Ho avuto vari confronti pacifici e civili in cui mi avevano rimproverato questa scelta. Ma io ho fatto capire che non potevano attaccarsi a dei fatti di 15 anni prima. Poi sai, non credo che nessuno mi possa dire cosa devo fare e poi pago io. Già se non pagassi mi darebbe fastidio. Figurati diversamente. Mediai tra piazza e società. Anche perchè nella sua prima esperienza a Sestri era primo in classifica da neo promosso in Serie D, ma fecero tanto che lo fecero mandare via. Allora cercai di farli ragionare. Chiesi ai tifosi solo di non remare contro. Se avesse fatto qualcosa di “sbagliato” sarebbe intervenuta la società.
L’anno scorso poi è stato un annus horribilis. Tremendo. Ci è girato tutto male e abbiamo fatto degli errori. Io per primo. Ma non voglio tornarci su. Bisogna voltare pagina. Tanto son discorsi che ho e che mi son già fatto mille volte. Sestri è una piazza tremendamente bella ma anche tremendamente esigente. Tipo il Genoa – giornalista: e infatti i colori sono gli stessi (risata, ndr) – e mi prendo le mie responsabilità, come sempre. E come tutti si sono presi le proprie. Anche Celestini, che ho sentito non ultimo qualche mese fa. E tornando al rapporto con lui ti posso dire che questi rapporti anche così conflittuali ci sono perchè c’è un grande rispetto alla base.
Stefano Risaliti: “Se vi urlo è perchè in voi vedo qualcosa. In chi non vedo niente, non ci perdo tempo”
Nella vita gli amici non li conti sulle dita di una mano. Forse di una, ma una secondo me non la riempi. Ma se hai un rapporto così con una persona è perchè ci tieni. Lo dico sempre anche ai giocatori. Se vi urlo è perchè in voi ci vedo qualcosa. In chi non vedo niente, non ci perdo del tempo. Io sono fatto così. Ma i rapporti sono sempre stati chiari con tutti. Nel bene o nel male.”
E hai avuto tanti rapporti con i tuoi giocatori. Quali sono stati più importanti, quelli a cui sei più legato?
“Potrei dirtene tanti che ho avuto spesso nelle mie varie esperienze ma il primo che ti dico e che paradossalmente ho avuto un anno solo è Luigi Rinaldi. Un ragazzo che merita sotto tutti i punti di vista. Tecnicamente, umanamente, un ragazzo d’oro. L’ho avuto a Caperana nel 2011-2012 se non ricordo male. Poi penso a quando allenavo. Uno che mi sarei sempre portato dietro da tutte le parti era Guido Avanti, storico capitano del Vallesturla classe 1971. Se devo fare una panoramica a 360° della mia vita calcistica però ce ne sono tantissimi.
Nella mia esperienza a Sestri un altro giocatore cui sono rimasto legato è Boisfer, ragazzo straordinario, oppure Longobardi, che ho sentito ancora pochi giorni fa. Poi, vabbè, Andrea Croci che ho avuto sia all’Entella, sia a Caperana, sia ora a Sestri. Non c’è bisogno che spenda parole per lui, credo che si sappia la stima reciproca che c’è tra di noi. Come anche Massimiliano Pane, il mio capitano, un ragazzo d’oro. Ma rischio davvero di dimenticarmene. Penso anche a quel ragazzo straordinario che è Carlos França, giocatore incredibile e persona meravigliosa, mi chiama sempre. Un altra bravissima persona è Enzo Ferrari, ne ho perso le tracce, ma è sempre stato serio e corretto.”
Sei molto logico nel tuo modo di operare. Ma allo stesso tempo sei anche quello delle “scommesse folli”. Mi spiego: Caperana era una scommessa folle, così come per certi versi anche Sestri forse. Non sono state scelte facili, o meglio, comode.
“Nel mio piccolo mi è sempre piaciuto mettermi in gioco e vedere se riuscivo a fare certe cose, fino dove potevo arrivare. Anche nella mia vita lavorativa, che purtroppo ora è in un momento che mi preoccupa e non poco. Quello che mi ha aiutato è che mi sono dato degli obiettivi, e anche il mio lavoro l’ho sempre vissuto come una partita di calcio che potevo vincere. Obiettivi ovviamente raggiungibili eh, ed è sempre stato il mio dogma.”
Stefano Risaliti: “Non condivido tante cose di quelle che stanno succedendo.”
“Il mondo del calcio dilettantistico se lo vivi come noi ti prende, ti occupa le giornate, ti riempe la vita. Anche oggi io vi devo ringraziare perchè anche se non sembra sono una persona molto apprensiva e questo periodo lo sto vivendo onestamente malissimo. Non condivido tante cose di quelle che stanno succedendo, vedere ferma l’azienda con tutti i problemi che comporta è un peso enorme. Probabilmente vivremo delle sofferenze in ogni ambito. E vi ringrazio perchè questi 10 minuti al telefono che sono diventati più di un’ora mi hanno distratto, mi hanno fatto rivivere emozioni che solo il calcio può darti. Abbiamo parlato di Ferrari (Enzo, ndr) e mi sembra di rivederlo con quella chioma bionda che di riffa o di raffa la prendeva sempre lui. Me li son rivisti tutti. Come ho rivisto tutti gli anni della mia carriera.”
Adesso però Pres lo sa che Enzo Ferrari è pelato?
“Davvero?!?! – risata – mamma mia…”
In conclusione. Hai un carattere molto forte. Ma anche molto diretto, e forse è meglio così, no?
“Chi ha un carattere come il mio ha pochi amici. Un paio. Non di più. Non dico quelli che ti chiamano perchè sei a Sportitlia. Ma quei due amici per te danno l’anima e tu per loro faresti lo stesso. Il calcio ti aiuta a capire più velocemente queste dinamiche. Io vado fiero di non aver persone che se le becco in giro devo cambiare strada. Chiunque sia anche se mi ci son detto le peggio cose. E così è nel lavoro. Anche se onestamente nel lavoro sono stato più diplomatico, perchè delle volte c’erano in ballo situazioni che non comprendevano solo la mia vita. Quindi in quell’ambito devi più sopportare gente che la manderesti a quel paese dopo un minuto, però rischi di mettere a repentaglio delle situazioni della tua azienda e allora fai buon viso. SENZA MAI PERDERE LA DIGNITA’ PERO’. Questo sia chiaro, Per me la dignità viene al primo posto. Io la dignità non me la vendo per nessuna cifra al mondo, piuttosto muoio! E spero di esserlo riuscito a insegnarlo ai miei figli.
Stefano Risaliti: “La dignità viene al primo posto. Non me la venderei per nessuna cifra al mondo, piuttosto muoio!”
C’è gente che si prostituisce solo per stare in determinati ambienti. Ti posso garantire che io nella mia carriera sia lavorativa che calcistica ero a un livello che adesso potrei stare comodo su una poltrona ad altissimi livelli. Se fossi stato uno di quelli a cui andava bene tutto. Però mi son sempre fatto con le mia mani. Piano. Senza mai mettermi nelle condizioni di dover leccare il culo a nessuno. Forse la mia dote più importante è stata quella di capire dove potevo e volevo arrivare. Prima da giocatore, poi da allenatore, ora da presidente. Prima capisci le tue possibilità e i tuoi limiti, prima e meglio hai rispetto della tua persona. E facendo così la tua dignità non te la mangerai mai. E’ questione di rispettare la propria persona. Se rispetti la tua persona la dignità non te la quantificheranno mai.
Stefano Risaliti: “Sarò sempre fedele al mio modo di pensare e di comportarmi.”
Io sono Risaliti ieri, sono Risaliti oggi e spero di essere Risaliti anche domani. Sarò sempre fedele al mio modo di pensare e di pormi. Sono abituato anche a vivere con un pezzo di pane e un bicchiere d’acqua. Non mi spaventa la cosa. Mi girerebbero le scatole ma non mi spaventerebbe. Anche adesso buttare all’aria il lavoro di una vita per questa crisi mi farebbe girare parecchio le scatole perchè comunque ho fatto una vita da bestie per arrivare fin qui. Da ragazzo mi alzavo alle 4 del mattino, lavoravo fino alla sera e poi andavo ancora ad allenarmi. Perciò non mi spaventa niente. L’importante è avere rispetto della propria persona e della propria dignità. Poi puoi parlare con chiunque dal presidente della repubblica all’ultimo sulla faccia della terra. E nel pallone è uguale. Siamo tutte persone umane con la propria storia ma ognuno con la propria dignità.
Io penso che nel mio ambiente può darsi che verrò ricordato per essere una testa di c****, però negli impegni che ho preso sfido chiunque a trovare uno che possa dire che che non li ho rispettati. O che abbia detto che avrei fatto una cosa e poi non è stato così. Anche adesso. E’ come se fosse scoppiata una guerra. Il mondo dilettantistico e in primis i giocatori devono capire che la stagione è finita. Poi, se si tornerà a giocare allora si ridiscuteranno gli accordi. Io voglio vedere un altr’anno cosa faranno, anche a livello di federazione. Io non so se a livello dilettantistico arriveranno dei soldi ai comitati dal Coni o dagli enti nazionali. Se chi ci comanda, invece che prestare, non mette dei denari liquidi a fondo perso per alimentare il consumo, noi non ci tiriamo più fuori da questo casino qua. Io mi sto marcendo il sangue per questo.”
Pres, grazie. Davvero. Abbiamo conosciuto un Risaliti come forse non ci aspettavamo, o forse sì. In ogni caso un Risaliti inedito.
“No, sono io che ringrazio voi. Mi avete distolto da questa “depressione” che mi sta prendendo, e come al solito ci si distrae parlando di calcio. Saluta tutta la redazione, e fai tanti auguri di Pasqua a tutti voi ma anche a tutto il nostro bel calcio dilettantistico.”
Stefano Risaliti. Mai banale. Mai scontato. E sempre fedele alla propria linea. Tre concetti, un nome solo: Stefano Risaliti.
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