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Da bandiera dell’Athletic che fu a mister dell’Atletico che sarà. Lelle De Ferrari, protagonista del calcio ligure degli anni 2000, ha allenato per una vita la prima squadra albarina e, successivamente, il settore giovanile, vincendo 3 campionati regionali (due con la leva 93 e uno con gli 89) e lo Spensley con la leva ’93. “Siamo stati la prima e unica squadra dilettantistica a vincerlo”, ci dice Lelle con orgoglio. Questa stagione, dopo 10 anni, De Ferrari è tornato in campo, convinto dai ragazzi dell’Atletico Quarto. “C’erano tutte le condizioni per rimettere fischietto e cronometro”.

Fino a che il Coronavirus non ha fermato tutto… Si potrà ripartire secondo te?

Se in tanti si interrogano ancora se far ripartire o meno i campionati professionistici, che hanno possibilità e mezzi per l’igienizzazione di tutto e tutti, non vedo come possa essere possibile una ripresa in tempi brevi e in sicurezza dei campionati dilettantistici. Pensa nei nostri spogliatoi quanti bambini e ragazzi si cambiano nella stessa giornata. Si rischierebbe di riaprire in un batter d’occhio un focolaio che si sta chiudendo. Qualcuno parla di fare un mese a settembre e fare una pausa invernale, iniziando la stagione nel 2021. Ma mi sembra difficile.

Dopo tanti anni di stop finalmente sei tornato in panchina!

Il mio ritorno in panchina era meglio non ci fosse: torno dopo 10 anni e viene una pandemia… Non ho portato benissimo. A parte gli scherzi, mi è sempre piaciuto allenare, negli ultimi anni non l’ho più fatto per motivi di lavoro e per stare più vicino alla famiglia, ma il calcio è rimasto parte importante della mia vita. Poi è capitata la situazione perfetta: tanti ragazzi che ho allenato, il campo vicino a casa, un ambiente tranquillo. Allenare di nuovo i giocatori che ho allenato da giovani era un mio piccolo sogno.

Raccontaci come è andata.

L’anno scorso seguivo l’Atletico Quarto come papà di Lorenzo, che gioca tutt’ora con noi. Quando l’amico Marchetti ha deciso di non continuare come allenatore, i ragazzi del Quarto mi hanno stimolato e convinto a diventare il mister. In società ho trovato gente splendida come il presidente De Robertis, Pasquale, Costantini. E poi con me ci sono Meligrana, un grande amico che mi aiuta nell’organizzare la parte “più sporca dell’allenamento”, e Tommy Imperato che insieme a Costantini allena i portieri: uno staff di altra categoria.

Ad ogni modo, non era un progetto non facilissimo entrare in una squadra di amici in cui imperava la goliardia e cambiare un po’ l’atteggiamento generale. Ma i ragazzi sono stati i primi a chiedere a me e alla società di dare un’impronta di squadra a un gruppo fantastico. Talmente fantastico che non mi sono permesso di lasciare a casa nessuno, né di portare in massa i giocatori che mi hanno contattato per venire. Ho preferito entrare in punta di piedi per farmi accettare dal gruppo. Pur tra mille difficoltà, complice l’assenza iniziale del campo di casa, la presenza agli allenamenti è sempre stata massiccia, devo fare un plauso a tutti questi ragazzi.

Come è andata la stagione?

Passata la fase iniziale di rodaggio, con qualche perdita dolorosa a dicembre di alcuni ragazzi che giocavano meno (purtroppo, in una rosa di 27 giocatori è inevitabile) e qualche conseguente innesto giovane (penso a Richelmi e Accardo), abbiamo trovato una completezza di rosa, facendo una risalita importante. Alcuni infortuni che ci hanno penalizzato, come quelli di Croce, Fabiano, Medica, mi hanno però permesso di riscoprire un grande giocatore come Jerry Di Vito, che credevo a fine carriera e che invece ha disputato un campionato di primo livello. La risalita, dicevo, si è purtroppo interrotta quando, contro il Mele, abbiamo subito il gol del pareggio all’ultima azione. Saremmo stati a un punto dei play-off, dove ci sono squadre sulla carta più attrezzate. Tranne che con la Corniglianese ce la potevamo giocare con tutte. I play-off non erano un obiettivo facilissimo, ma c’ervamo vicini e adesso ci aspettava un rush finale, con un calendario alla portata, per giocarci le nostre carte. Purtroppo il Coronavirus ha interrotto tutto.

Una tua grande qualità è sempre stato quello di portare ragazzi in squadra con te giocatori di qualità.

Guarda, la mia più grande soddisfazione è quella di ricevere, ancora oggi, le telefonate dai genitori dei ragazzi che ho allenato, che mi chiedono di convincere i loro figli a riprendere a giocare. Ma non mi sembrava giusto stravolgere la squadra, avrei rovinato un gruppo coeso come quello che c’è adesso. Ora, nella nuova stagione, dopo aver conosciuto bene la situazione, con responsabilità e coscienza potrò fare delle scelte e inserire qualche ragazzo per fare un secondo anno senza alibi.

Tu con i giovani hai sempre avuto un rapporto particolare, tanto che le più grandi soddisfazioni arrivano dal settore giovanile.

Assolutamente. Ovviamente non dimentico i miei sudatissimi e difficili anni con le prime squadre, tra cui gli inizi a Piedigrotta, Gargiulo e i 7 anni con l’Athletic lottando per salvarci. Un grande lavoro che mi ha permesso di passare al mondo delle giovanili con uno status quo ideale. Una qualità che penso di avere è quella di saper allenare i genitori. Avere un rapporto unico non solo con i ragazzi, ma anche con tutti i genitori, ha creato rapporti che rimangono ancora adesso. I genitori sanno che ho fatto divertire e stare bene i loro figli, questo mi riempie d’orgoglio più dei risultati, che comunque, proprio per l’ambiente che c’era, ci sono stati. Purtroppo molti ragazzi di quelle leve 89, 93, non giocano più…

Atletico Quarto

L’Atletico Quarto festeggia una vittoria

Perché secondo te così tanti giovani smettono?

Non voglio essere frainteso: premetto che in Liguria ci sono allenatori bravissimi. Ma mi rendo conto che tanti non vogliono capire che i giovani di oggi non sono quelli di 30 anni fa, per cui il pallone era fondamentale. Oggi non è più così, non hanno la stessa fame di calcio: bisogna accettarlo e avere un approccio diverso con i ragazzi dei settori giovanili. Ricordo un allenatore dei miei figli che diceva “Chi non fa tre allenamenti, non gioca”, e poi speravano che a non venire fossero i più scarsi, perché i più bravi giocavano lo stesso… ai ragazzi non si raccontano bugie. E poi, nelle prime squadre, c’è la maledetta regola dei fuoriquota che è deleteria: si finisce per far giocare i giovani come tappabuchi. Se un giovane è bravo deve giocare, faccio proprio l’esempio di mio figlio che, secondo me, è stato chiamato troppo presto in una prima squadra, crescendo poco in quell’anno. Così, quando invece era pronto per giocare, non era più fuoriquota e al suo posto hanno chiamato nuovi fuoriquota. In questo modo un ragazzo non viene giudicare per le sue qualità. Quanti fuoriquota fanno i difensori centrali? O i centrocampisti centrali? O il centravanti? Nessuno: giocano tutti terzini o esterni, dove “non danno fastidio”, adattandosi in un ruolo non loro. E terzini bravi, poi, stranamente ne escono sono pochi. Quando questi ragazzi non sono più fuoriquota, non hanno imparato nulla e hanno pure perso la confidenza con il vecchio ruolo.

Come risolveresti questo problema?

Pensa che la mia proposta sarebbe di rovesciare la regola dei fuoriquota, almeno in Promozione ed Eccellenza, mettendo un numero massimo di “over” in rosa. Così facendo, giocherebbero molti più ragazzi giovani e la Prima Categoria, senza limitazioni, sarebbe molto più competitiva.

Dopo una lunga pausa, De Ferrari si è rimesso in gioco e, al termine di una stagione sperimentale, è pronto a fare grande l’Atletico Quarto. Buona Fortuna, Lelle!

T.I. 

angelo sorbello

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