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Trentotto primavere, un sinistro micidiale e l’amaro in bocca per un addio al calcio “rinviato”. Trent’anni sui campi genovesi, tra Biga Quezzi, Sampdoria, Baiardo, Borgoratti, San Bernardino, San Desiderio, Figenpa e Burlando. Alessandro Savona, capitano del Borgoratti, era pronto a salutare il calcio giocato a fine stagione, ma la pandemia ha stravolto i piani del classe 82.

Savona bambino alla Sampdoria

Dopo una vita intera trascorsa inseguendo un pallone, calciandolo forte col mancino, senza piazzarlo nemmeno una volta, Savona aveva deciso di chiudere la carriera a Borgoratti. Aveva preparato l’addio nei minimi dettagli. Ma è stato preso in contropiede dal coronavirus, che ha fermato il campionato a poche giornate dalla fine. Una vera e propria bordata, un colpo secco, di collo pieno, proprio come i suoi tiri da centrocampo. Oggi, tra lavoro e famiglia, Alessandro Savona prepara la contromossa. Giocherà ancora una stagione o appenderà, con discrezione, le scarpette al chiodo?

Alessandro, com’è andata la stagione a Borgoratti?

Questo per noi è stato un anno di transizione. L’obiettivo era quello di consolidare la categoria, mentre nel frattempo si sta costruendo un settore giovanile. E mantenere la categoria e il blasone è importante anche in quest’ottica. Il cambio di guida tecnica a inizio stagione ha comportato uno stravolgimento a livello di metodologia di gioco. In prima battuta non è stato facile, ma se entri nei maccanismi, alla lunga giocare bene paga. È stata una stagione tra alti e bassi, con qualche periodo di crisi, ma al momento dello stop eravamo sulla strada giusta: una stagione tutto sommato positiva.

La Figenpa al matrimonio di Savona

Quando sei diventato capitato per la prima volta?

Il primo vero anno da capitano è stato alla Figenpa, quando dalla Seconda siamo saliti in Prima Categoria. Il gruppo mi ha riconosciuto nella figura di capitano, e da lì lo sono rimasto fino ad ora, alla Burlando prima e al Borgoratti fino ad ora, con qualche gettone da “cap” anche a San Bernardino. Con i ragazzi della Figenpa è rimasto un feeling speciale, il giorno del mio matrimonio erano fuori dalla chiesa con bandiere e fumogeni. Ma comunque ogni squadra in cui ho giocato, per un motivo o per l’altro, mi ha lasciato un segno. È stato un percorso formativo continuo.

Savona borgoratti

Alessandro Savona è stabilmente capitano dal 2015

 Ti definiresti un capitano vecchio stampo?

Non so, per me il capitano deve essere tale 365 giorni all’anno, non solo in campo e nello spogliatoio. Oggi un capitano deve stare al passo con i tempi, tra chat di gruppo e messaggi su Whatsapp. Prima del match scrivo sempre ai ragazzi cercando le parole giuste. Spero che i ragazzi di 20 anni che leggono i miei messaggi possano usare le stesse parole con i compagni più giovani tra qualche anno.

Quando tuo figlio avrà 16 anni e sarà pronto a entrare nel calcio dei grandi, che consiglio gli darai?

Per ora non cammina ancora… Se ci dà di destro farà danza, spero abbia preso il sinistro del papà (ride…) Beh, gli direi di essere se stesso, ma sempre ascoltando gli adulti, le persone mature che hanno più esperienza di lui. E poi di avere rispetto. Rispetto dei ruoli, delle decisioni del mister e delle figure che ruotano intorno alla società, persone che impiegano il loro tempo gratuitamente o quasi per la causa. Mi piacerebbe che mio figlio facesse un percorso simile al mio, perché lo sport ti porta sulla buona strada. Sapere che mio figlio è su un campo di pallone e non per strada mi farebbe dormire tranquillo. E poi in campo si creano legami indissolubili. È bellissimo ritrovare dopo anni compagni con cui avevi un rapporto fraterno e parlare come se non ti fossi mai separato da loro. Come se fossi in uno spogliatoio, insomma.

Sappiamo che hai il vizio del gol…

Mi hanno sempre preso in giro con questa storia del “segreto è piazzarla”, perché io faccio esattamente il contrario… appena vedo la porta calcio da tutte le parti con tutta la mia forza. E ogni tanto mi esce il golasso. Contro il Progetto Atletico, quest’anno, ho fatto il mio unico gol della stagione: ho tirato una mina da 35 metri e mi è andata bene. Bisogna sempre provarci. Anche qualche anno fa, con la Figenpa, lo feci simile contro il Mura Angeli. Mi piace provarci, già dai tempi del Baiardo. All’epoca le chiamavano le “savonate”…

UN GOL DI ALESSANDRO SAVONA CON LA MAGLIA DELLA BURLANDO

Nel corso della tua carriera hai vinto tanti campionati e giocato tanti play-off. Quali ricordi con più piacere?

I ragazzi del SanBe fuori dall’Ospedale

Il secondo anno di Figenpa abbiamo vinto proprio i play-off per andare in Prima categoria. Andando indietro penso al play-off con il Borgoratti: abbiamo perso, ma siamo saliti lo stesso. Belli anche i play-off del 2014 con il SanDe, avevamo uno squadrone. Con la Burlando, in seconda, siamo stati al primo posto dalla prima all’ultima giornata. Bel ricordo anche le stagioni a SanBe: la semifinale play-off con la Goliardica è una partita che ricordo con piacere. In realtà non la giocai, perché ero in ospedale: stava nascendo mia figlia. Ma dopo la partita i miei compagni vennero ad aspettarmi fuori dall’ospedale, è un ricordo che porterò sempre nel cuore. E poi un anno ho fatto anche i play-out (vinti), sempre a San Bernardino… Insomma, non so perché, ma finisco quasi sempre a giocare gli spareggi.

Domanda difficile: dimmi  i 10 giocatori più forti conosciuti in questi anni.

Ecco lì, ora faccio miliardi di torti. Facciamo che ti faccio la top 11 dei compagni avuti a Baiardo, che sono quelli meno recenti: in porta metto Romeo, dietro Davide Poggi, Simonetta e Carbone. A centrocampo voglio insieme a me Molinaro (il più forte visto giocare a destra), Bonadies e Cappellano. Davanti Ramenghi, Gianni Di Pietro e Pellicci. Ci sono alcuni della leva 81 del Baiardo, con cui vincemmo la Juniores Regionale e arrivammo in semifinale Nazionale.

Cosa c’è nel futuro di Alessandro Savona?

savona burlandoImmaginavo una salvezza conquistata sul campo con il Borgoratti. Volevo chiudere la carriera scendendo in campo per mano con i miei figli, rimanendo in società a Borgo e giocando in UISP con i miei amici. Ma la pandemia ha stravolto i miei piani. Sto riflettendo su cosa fare, sicuramente la data di ripartenza dei campionati può influire sulla mia decisione: se la ripresa slittasse a gennaio potrei seriamente appendere gli scarpini al chiodo. Davvero, quest’anno ero sicuro fosse l’ultimo, la carta d’identità comunque dice 38: ma chiudere in questo modo mi lascerebbe l’amaro in bocca. E poi mia moglie spinge per farmi continuare… Mi dice sempre “Meglio vederti poco e felice che tanto e depresso”.

Qualunque sia il tuo futuro, in campo con le scarpette ai piedi o in vesti dirigenziali… in bocca al lupo, Capitano!

T.I.

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Photo credits: Borgoratti